azzimi mielati

Gli azzimi mielati, una tradizione culinaria made in Irpinia!

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azzimi mielati
fonte: facebook @marilisamazzarela

Azzimi mielati, forse meglio conosciuti come “cazzi malati” o “cazzi mpalati” sono uno dei dolci autunnali che più rappresentano il territorio irpino, accomunando storia, tradizioni e usanze. Questo piatto locale non poteva che affondare le sue radici anche nella cultura gastronomica venticanese, definendosi appunto il dolce delle nonne. 

La vendemmia e il processo di vinificazione

vigneto
fonte: facebook @vitivinicolanardonenardone

Questi tarallini sono prodotti interamente col mosto che si pone, dopo la raccolta dell’uva, come prima fase della vinificazione. Ottobre per i contadini, rappresentava uno dei mesi dell’anno più importante: l’uva raccolta veniva trasformata in vino, e questo succo veniva venduto alle persone più abbienti, alle osterie e una parte conservata per un uso personale. 

Il vino non rappresentava solo una bevanda alcolica, ma aveva anche la funzione di fonte di calore naturale. Dopo la fase di diraspatura (la separazione dell’acino dal raspo), le mogli dei contadini prelevavano una parte del mosto per accingersi alla lunga preparazione degli azzimi mielati. Dopo diverse ore di cottura che il mosto diventa “vino cotto”. Proprio questo succo dolcissimo, custodito segretamente, era una di quelle poche dolcezze che circolavano per le case più modeste. Ad esempio “o’ vino cuotto” veniva utilizzato, nel periodo invernale, come una glassa: si raccoglieva la neve, si adagiata in una ciotolina e si ricopriva con questo succo dolcissimo, definito gelato o “subretta” dal francese “soubrette”.

Ma ritornando ai nostri tarallini al vino cotto..

Azzimi mielati, cazzi malati o cazzi mpalati!

azzimi mielati
fonte: facebook @marilisamazzarella

Azzimi mielati, così definiti per assenza di lievito nell’impasto. Ma quante sono le persone che li chiamano in questo modo? Forse i più inibiti. Ma per tutti noi venticanesi, e irpini in generale, questi sono conosciuti con l’appellativo dialettale, di “Cazzi malati” o di “Cazzi Mpalati” ( preferisco però riportare la teoria della storpiatura del nome da “azzimi” a “cazzi” e da “mielati” a “malati”, per poi divenire, per i più “svergognati” “mpalati”. Ma molto probabilmente il nomignolo è stato attribuito per l’immagine di questi tarallini dal colore livido).

La preparazione dei cazzi malati

preparazione azzimi mielati
fonte: @emanuelaciarcia

Preso il mosto, dopo la dirispatura e prima della la fermentazione, viene fatto bollire. Una volta portato a bollore, vengono eliminate tutte le impurità salite in superficie. Nel frattempo viene preparato l’impasto con farina e mosto caldo, di volta in volta prelavato. Quando il composto è omogeno, si iniziano a formare i tarallini, che verranno cotti nel vino. Dimentichiamo qualcosa? LA MELA COTOGNA è FONDAMENTALE nella preparazione dei “cazzi malati”. No mela cotogna? no cazzi malati. E’ la mela cotogna che assorbe l’acidità del mosto e contemporaneamente addensa il composto. In realtà nel passato non è che si avessero tutte queste conoscenze tecniche, ma ci è stato tramandato di inserire la mela cotogna. ” Che facimmo, loro c’a mettevano e nui c’a levammo?” Giammai! Le tradizioni so’ tradizioni.

L'importanza delle tradizioni.

In un’epoca in cui il finger food fa moda, il gourmet fa figo e la cucina molecolare fa materia scientifica, ripredere le tradizioni culinarie dei nostri avi, ci fa bene al cuore. Si viveva di poco, ma si viveva con poco. Tutto quello che si possedeva era una ricchezza. Non c’era spreco, tutto veniva reinventato e riutilizzato. Recuperiamo le ricette, per i sapori della memoria; amiamo le tradizioni, che sono il cuore dei nostri nonni.

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