In questa terra che trasuda lacrime, Campari e Peroni, ci sono storie antiche, tradizioni secolari fatte di risate, compari e santi patroni. In Irpinia, le diverse foglie trasportate dal vento segnano il lento perpetuarsi di un tempo mai domo e mai diverso. In questo verde e calmo mare, il mese di agosto segnava, in concomitanza con la raccolta dei cereali, la fine delle fatiche.
Come da tradizione pagana, e fortemente meridionale, le primizie del raccolto venivano offerte agli dei e poi al Santo, da qui i tradizionali obelischi in paglia comuni in quasi tutta irpinia, con i “Carri” di Fontanarosa e Mirabella a farne da padroni.
Se la tradizione nolana ha avuto terreno fertile in quasi tutta Irpinia, a Gesualdo il ringraziamento post mietitura fu sempre indirizzato verso un santo. San Vincenzo Ferreri, martire spagnolo, vissuto nel quattordicesimo secolo, capace di ammaliare e proteggere tutte le generazioni gesualdine.
Il culto del Santo, qui da noi, ha una storia così originale da poter essere paragonata alle origini del culto di San Nicola di Myra in Italia, poi divenuto di Bari, Santo patrono di Gesualdo. Quest’ ultimo ha l’ onere di essere il nostro santo patrono, l’onore però, è tutto nell’indice alto del Taumaturgo san Vincenzo.
La leggenda
La leggenda narra che durante la dominazione spagnola nel meridione una statua del santo era diretta verso Paternò, influente città siciliana dell’epoca. I carovanieri, vuoi per una mancata praticità con i caratteri scritti, vuoi per il volere del santo, si diressero verso Paternopoli. Sostarono a Gesualdo la notte prima della consegna, purtroppo per loro la notte non fu nè quieta nè priva di tormento.
La popolazione di Gesualdo, rapita dalla bellezza della statua, picchiò i carovanieri e gli emissari vescovili spagnoli trafugando il meraviglioso santo di legno. Da allora San Vincenzo entrerà di diritto in ogni preghiera paesana, spodestando il patrono e salvando il raccolto gesualdino da varie annate di siccità. (è risalente ai primi anni del 900′ una preghiera controfirmata dal Vescovo di Avellino che lo indica come “Inclito protettore del paese di Gesualdo”).
Dal libro “Il volo dell’angelo a Gesualdo”, di Giovanni Fulcoli: “la prima manifestazione in onore del santo risale al 1822, mentre il giorno ed il mese non erano fissi perchè tutto allora dipendeva dal lavoro nei campi. L’agricoltura, infatti, risultava attività determinante nel paese, tant’è che la stessa Confraternita del SS.mo Rosario si scioglieva da giugno a settembre , mesi di “fatiche e di raccolti”.
Se oggi l’ultima domenica di agosto segna la data celebrativa del santo, un tempo questa poteva addirittura spostarsi a fine settembre, per la stracitata importanza del lavoro agricolo in quella lontana società simil feudale.
Il Volo
In onore del Santo, ogni anno, probabilmente da quasi 200 anni, si rievoca l’antica lotta tra il bene ed il male che vede come protagonisti Lucifero e l’ Angelo del Signore. Quest’ultimo viene interpretato da un bambino/a bardato di armatura e spada e sollevato su Piazza Neviera con una corda tesa dal castello al campanile della chiesa del SS.mo Rosario. La parte recitata dall’angelo è rimasta immutata nel tempo se non per minuzie lessicali, mentre il diavolo apporta sempre modifiche al copione, soprattutto nella prosa satirica dove si immedesima nel male e nei potenti del mondo.
Durante questo teatrale duello, la piazza gremita segna il tempo della marcia di Radetzky ed ogni anno, come se fosse la prima volta, esulta senza freni alla vittoria del piccolo angelo che segna la supremazia del bene. La rappresentazione si chiude in serata con la processione ed il lancio del cestino di rose.
L’angelo, previa raccomandazione “di rifuggire ogni tentazione peccaminosa stringendosi alla figura del gloriosissimo Santo”, farà ritorno nel regno dei cieli.
Il Volo nel tempo e nel 2020
Evento memorabile fu il volo del 1863, sempre presente nei racconti di tutti i miei concittadini, quando la fune si spezzò ed il piccolo angelo, come trasportato dai venti Zefiri e dalla mano del Santo, volò verso l’albero più vicino, svegliandosi illeso. Altro anno da ricordare sarà sicuramente il 2020, unico anno senza le celebrazioni del Volo. Si festeggiò durante la Grande guerra, in presenza delle camicie nere fasciste e tra le macerie del terremoto dell’ 80′ eppure, un piccolo virus insito dentro di noi, quest’ anno toglierà al popolo gesualdino quell’ultimo anelito di speranza rimasto, tra monotonia e voglia di andare.
Questo virus non ha capside nè codice genetico, si diffonde per osmosi e corre veloce. La paura e l’ ignoranza. Il gloriosissimo santo non sarebbe fiero di noi, puntiamo il dito invece di alzarlo, ci facciamo soli conoscitori della verità, speriamo nella morte degli angeli in mare, e guardiamo tutti con diffidenza
Questo periodo storico ci ha insegnato che il virus siamo noi, vive nelle nostre parole e prolifera nei nostri atti, si moltiplica con l’accidia dei nostri sguardi e diviene immortale nella violenza. E’ semplice “non fare”, è immediato “chiudere”, è politicamente vantaggiosa la propaganda becera, eppure di idee e soluzioni ne è pieno il mondo.
Mi chiedo quanto altro ancora dovrà vedere San Vincenzo, in questo anno senza tempo, in questa Irpinia senza vita, in questo mondo con più plastica che torrone, più paura che amore.
Autore Giovanni Nitti
Società cooperativa di Gesualdo (AV) nata per mettere al servizio dei visitatori tutti i mezzi e le informazioni utili per rendere migliore la loro esperienza in Irpinia. Ci occupiamo di accoglienza e di assistenza ma anche di promozione del nostro territorio. Siamo convinti che fare rete con tutti gli attrattori turistici e culturali sia la base per valorizzare al meglio le risorse della nostra stupenda Irpinia. Collaboreranno con noi, in questo progetto, i ragazzi di A.S.T.R.E.A. Gesualdo, impegnati da molti anni nell’associazionismo e che, con il loro impegno, sono stati capaci di promuovere sempre più Gesualdo con eventi e forte partecipazione in numerose iniziative. Rocco Savino (referente per Gesualdo)
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