morra di notte

La notte del 2 novembre

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morra di notte
Foto di Antonio Pelosi

Quando il buio diventa troppo intenso e fitto, e il sole rischiara per troppe poche ora la Terra, il velo tra noi e l’altro si fa troppo sottile, ed in determinati giorni cede, lasciando che ciò che non si vede ritorni tra noi.

Oltre il velo notturno...

Ci sono momenti nei quali si deve lasciare il posto a qualcun altro. O qualcos’altro. Ci sono tempi e luoghi in cui non è più nostra facoltà il dominio delle strade e la percorrenza delle stesse.

La saggezza antica ci porta al dare rispetto a ciò che non si vede, ma si sa che c’è. Un esempio sono i racconti che si narrano intorno a questo giorno, dove nelle ore più buie, il velo che separa il nostro mondo da quello dell’alterità, si fa così sottile che scivola via, in un connubio oscuro di difficile interpretazione.

Ci sono tante storie intorno a questo evento, come quella di un contadino, svegliatosi molto presto per andare a lavoro, e che nel tragitto trovò un’antica e vecchia chiesa aperta. Costui entrò, spronato dal fatto che non avrebbe potuto assistere ad altre celebrazioni. Una volta all’interno, non riconobbe quasi nessuno dei partecipanti alla funzione, divisi tra i bambini, che stavano nelle prime file, le donne subito dopo, e gli uomini tra gli ultimi banchi. Neppure il prete era di sua conoscenza. 

Un urlo smorzato dal gelarsi del sangue, però, il vecchio contadino lo ebbe quando una mano gelida gli si posò sulla spalla e all’orecchio gli furono pronunciate queste parole: «Questa messa non è per te. Tu sei vivo.» Nel voltarsi riconobbe quello che era stato un suo compare, morto oramai da anni. «Ora devi andartene, prima della benedizione finale!» La frase non fu nemmeno terminata dal defunto che l’uomo, in preda ad una paura cieca, si precipitò frettolosamente fuori dalla chiesa. Nel voltarsi, vide oramai la porta chiusa, e le luci al suo interno spente.

C’è un altro rito che permetteva ai più pii di poter vedere, all’interno di una bacinella d’acqua, il corteo di chi non è più qui, e che girava per le vie del paese recitando litanie e rosari. Obbligo di chi voleva provarci era lo stare in silenzio e l’essere in pace con Dio, tramite confessione e comunione. I più dicevano di vedere di tutto, pur di non ammettere di non essere nella misericordia di Dio, ma in pochi ci riuscivano davvero, e ancora meno narrano ciò che videro. Sta di fatto che, ancora oggi, in questa giornata in molti accendono dei lumini fuori dalle proprie case: molti credono per illuminare il cammino dei defunti, ma c’è chi narra strane leggende, e vorrebbe quella luce fioca come unico baluardo verso qualcosa che, altrimenti, invaderebbe di tenebre anche il giorno.

Questi, infatti, oltre ad essere i giorni dei morti, sono anche quelli dove, come detto, il velo tra noi e il qualcos’altro si fa così sottile che le orecchie più fini possono sentire, nel buio della notte, strani suoni ed echi di lamenti. Sono le ore dove il vento non porta storie di luoghi lontani, ma suoni distorti ed echi non umani.

Da queste parti, il regno del buio, passate certe ore, diventa costante, pressante, e le uniche armi sono quelle piccole candele accese, anche nei cimiteri. Su questo c’è chi afferma che proprio i lumini portati in massa in questi tempi nei cimiteri, eviterebbero persino ai defunti di essere sopraffatti da tenebre troppo spesse anche per chi ha affrontato l’ultimo passaggio. Effettivamente, sia morti che vivi, siamo pur sempre tutti umani.

La luce a difesa di qualcosa che non si conosce, ma che si sa che c’è.

Il consiglio, comunque, è di non attardarsi sulle strade, di non affrontare il sentiero della Cupa, meglio conosciuto qui come «Canciello», dove il confine con il buio dei boschi ha fatto smarrire più di una persona. È il momento di non stare alla finestra, di non ascoltare le strani voci provenienti dai punti più profondi del buio che circonda il paese e di non affrontare di notte, la salita che va verso il monte più alto, dove molti giurerebbero di aver visto ma soprattutto udito, entità che nulla hanno a che fare con questo mondo.

Il momento dell’altro va rispettato, certe volte temuto. Solo in pochi hanno visto e raccontato ciò che si cela tra le maglie nere e fitte della notte, in alcuni punti del nostro territorio, dove sono presenti particolari grotte e passaggi che conducono a profondità assolutamente misteriose.

I più di questi narratori furono etichettati come pazzi, ma nelle parole di alcuni di loro si può comprendere lo spavento supremo dell’incontro con ciò che non si può vedere: «State lontano dal buio, e da ciò che da esso può sfiorarvi.»

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