
“I sogni dei partigiani sono rari e corti, sogni nati dalle notti di fame, legati alla storia del cibo sempre poco e da dividere in tanti: sogni di pezzi di pane morsicati e poi chiusi in un cassetto. I cani randagi devono fare sogni simili, d’ossa rosicchiate e nascoste sottoterra. Solo quando lo stomaco è pieno, il fuoco è acceso, e non s’è camminato troppo durante il giorno, ci si può permettere di sognare una donna nuda e ci si sveglia al mattino sgombri e spumanti, con una letizia come d’ancore salpate.”

Tra questi sognatori descritti da Calvino nel suo romanzo “Il sentiero dei nidi di ragno” vi erano anche diversi altavillesi. Spinti da ideali di libertà e giustizia sociale decisero di stare dalla parte giusta della storia: sto parlando, ovviamente, degli altavillesi che lasciarono il paesello nel periodo della Seconda Guerra Mondiale e si ritrovarono ad imbracciare il fucile per fronteggiare, sulle montagne del Nord, la crudele macchina nazi-fascista. I loro sacrifici sono storie di sangue sulla neve e di stenti e il loro ricordo è necessario a curare questa ferita che, anche a distanza di 80 anni, non guarisce mai, a fronteggiare chi ancora oggi richiama con nostalgia l’urlo delle camicie nere.
Guerino Bruno
Il primo partigiano altavillese che voglio menzionare è Guerino Bruno, uomo mosso da ideali di profondo pacifismo e libertà. Combatté nell’esercito solo perché costretto dal servizio di leva così, dopo l’armistizio, non ci pensò due volte a aderire alla 42ª Brigata d’assalto “Walter Fontana” che operava nella media Val di Susa. Il suo compito principale era quello di evitare che le armi militari finissero nelle mani delle truppe tedesche. In seguito all’avanzare dei tedeschi, la Brigata – piegata da numerose perdite e con il sopraggiungere del gelido inverno 43-44 – fu costretta a sospendere le attività partigiane. Bruno trovò rifugio in una famiglia di contadini di Bussoleno presso la quale, invaghitosi della figlia del padrone di casa, iniziò a contribuire alla sussistenza della famiglia lavorando nei campi. Venne tenuto nascosto in cantina a causa delle numerose retate dei rastrellamenti tedeschi.
Quando, sorpreso da un soldato tedesco, venne accusato di essere un partigiano, riuscì a salvarsi mostrandogli i calli da contadino, i tedeschi gli intimarono di presentarsi il giorno successivo in caserma per essere identificato. Tuttavia, Bruno evitò di presentarsi al comando tedesco, salvandosi dalla sicura deportazione nei campi di concentramento. Ricominciando la sua attività di partigiano con la brigata partecipò al controllo dei territori, ad incursioni e sabotaggi. Finita la guerra, tornò ad Altavilla.

Antonio Grossi
Come Guerino Bruno, anche il partigiano Antonio Grossi militò nell’esercito con il grado di sottotenente. La sua storia nella resistenza italiana iniziò con una collaborazione con il clandestino Comitato Autonomo di Redenzione, tramite il quale riuscì ad infiltrarsi, nel 1943, presso il carcere giudiziario militare. Vi restò fino al giugno 1944, quando si spostò in montagna e adottò il nome di battaglia “Vittorio”.

Si occupò anche della sussistenza e organizzò il sistema di distribuzione delle risorse alimentari nell’area di Alba, in accordo con contadini e allevatori. Nell’agosto 1944, si salvò dall’eccidio di Cerequio La Morra (CN), durante il quale vennero fucilati molti partigiani. Per evitare che i compagni caduti in battaglia finissero in una fossa comune, ne organizzò la sepoltura individuale facendo preparare le bare in una sola notte e destinandogli la sepoltura dignitosa che meritavano. Successivamente, prese parte alla liberazione e alla Repubblica di Alba. Aiutato e protetto dai contadini durante il duro inverno del 1944-45, partecipò alla liberazione delle Langhe e di Torino nella primavera del 1945.
Arturo Ozzella e Giuseppe Perrotta



Dall’archivio AN.P.I. ho scoperto che altri due partigiani erano di Altavilla: Arturo Ozzella, classe 1920, appartenuto alla Divisione Garibaldina “Antonio Gramsci” – 2 ª Brigata “G. Pignataro”, ferito il 15 dicembre 1944 a Kuc, in Albania e Giuseppe Perotta, nato ad Altavilla Irpina nel 1916, fante del 49° Reggimento della Divisione Parma, operante sul fronte albanese, ha fatto parte delle formazioni partigiane, dal 20 luglio 1944 al 9 luglio 1945.
Sabatino Raffaele
L’ultimo partigiano del quale sono riuscito ad avere notizie è Sabatino Raffaele. I suoi discendenti sono ormai da tempo emigrati fuori da Altavilla, tutto ciò che so è racchiuso nella toccante lettera che il maresciallo dei Reali Carabinieri Aristide Peliscio rivolse al parroco di Altavilla per intimargli di comunicare la morte alla famiglia. Apparteneva all’esercito di liberazione operante in Valle Pesio (Cuneo)e, il 21 Aprile 1944 alle ore 5:30, venne ferito mortalmente da una pattuglia dei Brigati Neri. Soccorso in ospedale, le sue ultime parole furono:

“Mia madre domanderà notizie sulla mia morte.
Rispondetele che sono morto per l’Italia bella.
Vigliacchi i traditori fascisti che mi hanno ucciso”.

Un giovane tra i più entusiasti e stimati nei volontari della libertà, il suo esempio è stato segnante al punto che la sua tomba nel cimitero di Chiusa Pesio, nonostante il bieco furore dei nemici nazi-fascisti, fu per mesi cosparsa di fiori e il sindaco di Chiusa Pesio fece intitolare la via dell’ospedale all’eroico partigiano, così come ad Altavilla una strada, ancora oggi, porta il suo nome. In prossimità della Festa della Liberazione, il pensiero non può non correre al mio compaesano morto per la libertà: su questi colli vivranno per sempre i suoi occhi che furono chiusi alla luce perché noi tutti li avessimo aperti per sempre alla luce.
Autore: Gaetano Gagliardo
I 1000km del Partigiano
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Molti commovente. .. Complimenti. .