vigneto con vista su Pietradefusi

Pietradefusi e le sue colline: terre di Aglianico

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vigneto con vista su Pietradefusi
Fonte: foto di Dario De Stefano
In uno dei primi atti ufficiali, datato 1271, come citato nel nostro articolo di presentazione, si apprende della donazione di un vigneto di un tal Giovanni de Santagata e sua moglie al proprio figlio a dimostrazione che il nostro paese, fin da tempi remoti, fosse terra fertile per una delle piante più particolari dell’intero territorio campano: la vite.

Origine della coltivazione e perché DOCG Taurasi?

A Pietradefusi, un paese in cui da sempre l’agricoltura predomina sugli altri settori, la viticoltura è stata una delle prime fonti di guadagno oltre alle coltivazioni del tabacco. Il clima temperato e ventilato, l’altitudine di 400-600 m s.l.m., con i dolci incroci tra valli e colline esposte verso sud-est, come voler seguire la parabola disegnata in cielo dal sole durante la giornata, sono fonte di energia per quella pianta coltivata con tanto amore da diverse generazioni. Le frazioni di Vertecchia e Sant’Angelo a Cancelli, sono di principale spicco, immerse nel verde dei vigneti autoctoni di aglianico, ma non sono di meno le altre in cui i vigneti riescono ad abbracciare l’amato sole.
vigneto in Vertecchia
Fonte: foto di Dario De Stefano

Non solo il clima e l’esposizione solare, Pietradefusi gode di un suolo ricco di un’eccellente mescola di marne stratificate, una roccia sedimentaria di tipo terrigeno, tipica dell’appennino centro-meridionale derivante da sedimenti fangosi di origine prevalentemente marina certificato da alcuni ritrovamenti fossili di organismi marini in località Vertecchia. Il terreno, quindi, è composto da una frazione argillosa e da una frazione calcarea con varietà d’impasto ideale per la coltivazione di uve di aglianico caratterizzando l’intero paese come zona DOCG di Taurasi tipica della Media Valle del Calore. L’elevato contenuto di argilla ha influenza positiva sulla qualità delle produzioni, in particolar modo durante i periodi di siccità estiva, consentendo una più regolare maturazione delle uve con un buon mantenimento dei livelli di acidità.

Altrettanto importante è la ricchezza in potassio e magnesio scambiabile che conferisce ai vini intensità di profumi, buona struttura ed equilibrio. Negli ultimi anni si sono impiantati vigneti ad alta densità, cioè con maggior numero di piante ad ettaro, che porta ad una bassa produzione ma, allo stesso tempo, contribuisce alla fuoriuscita di un vino che sfiora quasi sempre i 14 gradi. Però, la produzione del DOCG di Taurasi non è dovuta solo alla zona in cui è coltivato l’aglianico ma anche ai processi di vinificazione, che prevedono un invecchiamento del vino di almeno 12 mesi in botti di rovere che sprigiona aromi pieni e sapori potenti classificando questo vino tra i migliori d’Italia.

vigneto in Sant'Angelo a cancelli
Fonte: foto Federico Romaniello
Ma la denominazione DOCG Taurasi ha origine da antiche usanze, infatti, a Taurasi era situata la stazione della vecchia tratta ferroviaria Avellino-Rocchetta Sant’Antonio in cui i nostri nonni, così come i viticoltori delle altre zone della Media Valle del Calore, smerciavano il proprio vino per dare ad esso una certa notorietà. Da qui il pendolare che aveva acquistato una bella bottiglia di buon vino rosso, al ritorno a casa, lo definiva vino aglianico di Taurasi che divenne popolare al punto da conservarne la denominazione.
insegna zona autocnona vertecchia
Fonte: foto di Dario De Stefano

La tradizione oltre l'industrializzazione della società

Si narra che Dioniso, dio greco che raffigurava il vino, fu allevato dalle ninfe dei boschi del monte Nisa e in età adulta scoprì il segreto della viticoltura e il metodo per estrarre dall’uva quel liquore miracoloso con cui i nostri nonni si dissetavano proprio durante la coltivazione di quel frutto che in futuro sarebbe diventato vino.
Nonostante l’indiscusso progresso scientifico e tecnologico nel nostro paese si tramanda ancora la cultura vinicola da generazione in generazione rispettando le tradizioni dei nostri antenati. Infatti, tutti coloro che dispongono di terre costellate da uva ne spremono il succo per uso privato o anche per regalarlo ad amici, facendo appello ad una conoscenza ormai centenaria.

Numerosi però sono i vinai, i quali affidano le proprie vendite alle annate del frutto e alla loro capacità di produrre una bevanda appropriata alle esigenze dell’acquirente. Nel nostro Paese, non a caso, disponiamo di un rinomato gruppo di cantine, il cui esercizio è interregionale e dà lustro alle verdi terre di Pietradefusi. Lo scopo collettivo è quello di non far disperdere nel buio della negligenza le indicazioni degli avi e soprattutto sfruttare al massimo i prodotti offertaci dalla natura. I vigneti sempre curati nei minimi dettagli sono motivo di vanto tra i viticoltori di Pietradefusi, professionisti e appassionati, da sempre improntati su una produzione di eccellente qualità, degna di elogi ed icona di una storia indelebile.

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