Unpopular opinion: è tutto sbagliato (o quasi)
Mi spiego meglio. In questo articolo riscopriremo la tradizione così detta de “re sebborcra” (i sepolcri), ossia l’allestimento di quello che per la chiesa è l’altare della reposizione. Negli anni, anzi nei secoli, la tradizione popolare ha quasi soppiantato i motivi religiosi del posizionamento delle Sacre Specie in un tabernacolo apposito la sera del Giovedì Santo.
Ma comunque in tutto il meridione d’Italia è facile ritrovare chiese con cappelle o un altare adorno di composizioni floreali che in realtà sono germogli di grano e legumi. A Montella durante la tradizionale visita alle chiese dove era allestito il sepolcro si recitava anche una preghiera in dialetto, o almeno così mi aveva insegnato a fare mia nonna. La vediamo tra poco.
Significato dell'altare della reposizione
Il periodo noto come Quaresima che precede la Pasqua di nostro Signore è un tempo ricco di tradizioni, riti, simbologie sui quali si fonda la religione Cristiana Cattolica. Il Giovedì Santo, il giorno precedente al Venerdì, nel quale si ricorda il sacrificio estremo di Cristo sulla croce per la salvezza de ogni essere umano, la chiesa celebra la “missa in coena domini”. Il pomeriggio una peculiare celebrazione ripercorre l’ultima cena, quando venne istituito il sacramento dell’Eucarestia. Al termine della funzione le ostie restanti, le Sacre Specie, vengono riposte in un tabernacolo allestito in un altro altare o in un altro luogo della chiesa che non sia l’altare principale, detto altare (o cappella) della reposizione. Questo perché il Venerdì Santo non si offre il sacrificio della messa e non si consacra dunque l’Eucarestia. Per permettere ai fedele di comunicarsi in questo giorno l’unico modo era conservare le ostie del Giovedì. Intanto è possibile adorare il Sacramento e meditare sul mistero dell’eucarestia, sulla sua istituzione appena ricordata, sulla passione e l’agonia nel Getsemani. Il Venerdì pomeriggio, nella celebrazione della passione, vengono distribuite le ostie conservate nel tabernacolo e l’altare viene dismesso.
L’altare della reposizione è un luogo dove viene riposta l’Eucarestia, segno sacramentale di Gesù vivo e risorto, quindi dove adorare tutto ciò, e non un “sepolcro” che rimanda alla morte di Cristo.
dove nasce, allora, la dicitura "sepolcro"?
In tempi antichi non vi era l’usanza di allestire un altare della reposizione. Le sacre Specie venivano conservate in un cofanetto (o simile) la sera del giovedì. Tra il XIII e il XV secolo si sviluppò la devozione al Santissimo Sacramento, in seguito anche all’istituzione della festa del Corpus Domini nel XIII secolo da parte di Papa Urbano IV, questo tabernacolo che preservava la Santa Riserva divenne occasione di adorazione e meditazione. Successivamente con la celebrazione del Giovedì Santo la Chiesa iniziò ad adottare segni di tristezza, simboli che molti ricordano, come “zittire” organi e campane o coprire statue, pale e dipinti. Simboli interpretati dal popolo come di lutto nonostante non si fosse ancora ripercorsa la morte di Cristo, quando l’intento era, oltre che di adorare, il ricordo della sofferenza e del martirio, momenti, appunto, cupi e tristi.
L’attuale allestimento degli altari della reposizione si affermò in Europa, in età Carolingia. San Filippo Neri istituì una “pia pratica” a Roma: la “visita delle sette chiese”. Questa tradizione fu adottata dai fedeli nella sera del Giovedì Santo, i quali si recavano ai “sepolcri” visitando altrettante chiese nel numero, appunto, di 7. Nel tempo questa usanza non certificata dalla Chiesa è variata in numero passando a 5, quante sono le piaghe di Cristo, o giustificando il 7 come i dolori di Maria. Numerologie di episodi infelici che hanno contribuito ad incupire l’adorazione dell’eucarestia negli altari della reposizione facendoli diventare sepolcri.
Montella non è stata da meno, e anche qui la tradizione impone questo peregrinare tra le chiese e fare il giro dei sepolcri.
Vediamo ora come vengono allestiti.
il grano germogliato per i sepolcri
Una tradizione che è tramandata da secoli in questo periodo e che a noi da bambini ci hanno insegnato anche all’azione cattolica e al catechismo. Allestire un altare della reposizione può spaziare per fantasia, simbolismi e riferimenti sacri. Non è difficile trovare legno e chiodi (come quelli della croce), biscotti integrali, tovaglie e ciotole dell’ultima cena. Ma una costante è il grano germogliato.
Realizzare questa composizione è semplicissima. Basta disporre in una ciotola, un piatto, un tegame, una teglia p anche in un bicchierino di carta una base spugnosa come l’ovatta, del tessuto o, secondo la tradizione, paglia. Sopra di questo una manciata di grano disposta in modo tale da creare un solo strato fitto, senza sovrapposizioni. Bagnare il tutto e riporre in un luogo chiuso e buio, preferibilmente fresco. Anche dall’oscurità potrà nascere la vita.
I germogli, privati del sole, non potendo sviluppare clorofilla, saranno di un caratteristico colore bianco o paglierino. Il periodo ideale per mettere a dimora la composizione è all’inizio della Quaresima, nella prima domenica, o comunque almeno 20 giorni prima dell’allestimento dell’altare della reposizione.
In questo periodo è necessario innaffiare o comunque irrorare i germogli anche con l’aiuto di uno spruzzino. Per dei risultati diversi è possibile aggiungere dei legumi al grano.
Cliccando qui è possibile seguire il video tutorial del Santuario di San Francesco a Folloni sulla messa a dimora del grano. Il tutorial è in montellese.
Partecipate alle attività delle vostre parrocchie anche con piccoli gesti come questo di preparare una singola composizione di grano germogliato per addobbare l’altare della reposizione. I vostri parroci e le vostre comunità ne saranno felici. Ed è anche un ottimo impegno per i bambini che potranno con poco lavoro e poco impegno realizzare qualcosa come non hanno occasione di fare solitamente. Avrete anche contribuito a conservare una tradizione.
La tradizione e la preghiera di Montella
Come anticipato, anche a Montella la tradizione impone “lo giro re re sebborcra” (il giro dei sepolcri). Mia nonna mi insegnò anche che durante la visita nelle chiese dovevo percorrere tre volte la navata centrale recitando questa preghiera:
Non so quanti la conoscano o ne abbiano memoria. Spero di avervi sbloccato un ricordo.
Sono Carmine, sono irpino e ne sono orgoglioso. Mi ritengo fortunato ad essere cresciuto a Montella. La mia fortuna è stata la mia famiglia, una famiglia radicata e sicura del proprio retaggio che mi ha trasmesso educazione, valori e rispetto, oltre che a tradizioni e consapevolezza del territorio e delle persone che ne creano la comunità. Negli anni ho potuto viaggiare, scoprire, vedere e visitare il mondo. Toccare le sue culture, ascoltare le lingue e le storie della gente. Ho fatto tesoro di questo, ne ho fatto esperienza e le ho riportate a casa. Sono cresciuto dando il mio contributo in qualunque modo possibile. Nel mio comune mi sono impegnato in ogni modo possibile. Ho partecipato e partecipo a diverse associazioni che vanno dal culturale al recupero del dialetto e del folklore, al teatro vernacolare; il forum dei Giovani; attività, comitati, organizzazioni, progetti, pubblicazioni ed eventi di ogni genere e natura; sono donatore di sangue del Gruppo Fratres all’UDR di Montella; sono guida culturale locale per la ProLoco “Montella Alto-Calore”; sono volontario FAI Giovani della delegazione di Avellino.
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