Poi vorrei, i tramonti e le partite che sanno di estate.
Quando irrompe l'estate.
Si sa, il tempo è scandito dal susseguirsi delle stagioni. A Serino l’aria d’estate irrompe quando, nei bar del centro, si adocchiano le locandine dei vari tornei di calcetto. Così, mentre gli appassionati di calcio restano attaccati alla tv per seguire Mondiali ed Europei, sotto il Monte Terminio tante persone si cimentano nell’organizzazione di tornei che rendono le estati dei giovani serinesi avvincenti. È in questi eventi che la forza e il valore dello sport emergono come potenziale strumento di coesione sociale.
Sportivamente parlando, i migliori calciatori locali aspettano questo evento come “il caffè a colazione”. Il fermento organizzativo si respira già alcuni mesi prima, quando i giovani creano la squadra con i compagni più fedeli per sfidare lo storico rivale.
I tornei rappresentano un momento di aggregazione anche per coloro che non li vivono sul campo ed essendo spettatori colgono l’occasione per improvvisarsi ultras, arbitri ed allenatori, dispensando consigli.
Il vento estivo, il calar della notte, il fumo della brace che fa da fumogeno, le birre fresche e le rumorose risate scambiate con qualche amico ritrovato, fanno da cornice a questi eventi.
Ieri come oggi.
Osservando tra gli spettatori ritroviamo, immancabilmente, alcune “vecchie glorie” pronte ad esordire con il più classico dei “eh, quando giocavo io…”. Gli anni 2000 sembravano lontani e i miti del momento imperavano sui campi di tutto il mondo. Maradona – la mano de Dios, il Divin Codino Baggio e Paolo Rossi che ci consentì di laurearci Campioni del Mondo.
In quegli anni sulla falsa riga dei campioni citati, le “vecchie glorie” dominavano i campetti serinesi. I ragazzi – oggi protagonisti in campo –con gli occhi stupiti di piccoli spettatori scoprivano una realtà che sarebbe, in seguito, diventata la loro.
Ci catapultiamo nel passato e ci rendiamo conto che la felicità assume forme diverse. Si era felici semplicemente guardando quel rettangolo verde o grigio.
Oggi la nostalgia assale il cuore della gente e si ha l’impressione che in questa partita contro il virus, il nostro avversario ci stia privando delle sere d’estate, di quelle squadre create per divertirsi, di quegli abbracci per un goal, della voglia di stare insieme, del campetto che oggi è chiuso da un grosso lucchetto, simbolo del suo vantaggio in questa partita.
La sfida, però, non è finita. Ci vediamo in campo: 40 minuti, più recupero. Vediamo chi vincerà!
Abbracciando il passato, vivendo il presente ed immaginando il futuro, ripercorriamo le “strade” del nostro amato paese, raccontate dai giovani di ieri e di oggi.
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