E’ da giorni che cerco un argomento di cui parlare per continuare a narrare la mia bella terra e condividerne la storia, le tradizioni e il racconto dei monumenti … ma nonostante svariati tentativi non sono riuscita a trovare un tema che mi ispirasse, così ho pensato che in questo momento storico, in cui tutto sembra essere diventato improvvisamente niente, sarebbe stato meglio sottolineare quanto in realtà ci manca la routine, quella “monotona” quotidianità che troppo spesso abbiamo disdegnato e quanto di giorno in giorno cresca quel disperato bisogno di normalità.
Novembre
Novembre per la verità non è un mese molto dinamico, generalmente quello autunnale è un momento di letargo psicofisico in attesa delle feste natalizie, mi capita però di pensare in questi giorni a quelle piccole cose che ero solita fare in questo periodo dell’anno, azioni che ho sempre sottovalutato, a cui in passato non ho dato la giusta importanza … fino ad oggi … perché so che quello che fino a qualche mese fa era ovvio, banale e scontato adesso non lo è più.
In cerca di chiodini
Nelle campagne sono spuntati già da qualche settimana i funghi chiodini, nonostante non ne abbia mai amato particolarmente il sapore, mi piace andare a raccoglierli … è una cosa che faccio da sempre, che facevano i miei nonni, che fa anche mia madre e che spero torneremo a fare a partire dal prossimo anno. Dopo pranzo, in assenza di pioggia, di questi tempi abitualmente ci si mette in cammino e di campo in campo si percorrono chilometri senza nemmeno accorgersene, si passeggia sul tappeto di foglie che l’autunno ci consegna, si respira l’aria umida di questi brevi e freschi pomeriggi. La ricerca dei funghi è anche motivo di aggregazione poiché ci si incontra con altre comitive in giro con lo stesso scopo … ci si ferma per scambiare rapidi saluti buttando nel frattempo un occhio agli altrui cestini pesando con lo sguardo il bottino dei rivali e rimettendosi rapidamente in marcia con il segreto intento di accumulare più funghi degli “avversari”, non certo per ingordigia visto che molte volte i chiodini vengono regalati a parenti e amici ma per una questione di agonismo.
Il sisma del 1980
Ma novembre è un mese triste che ci riporta perentoriamente indietro nel tempo facendoci rivivere il periodo forse più triste che l’Irpinia abbia vissuto, parlo del sisma che nel 1980, esattamente quaranta anni fa, scosse la nostra terra cambiandone per sempre la storia e, in alcuni casi persino la geografia. In realtà Lauro e il Vallo non hanno vissuto il dramma dell’alta Irpinia, qui il terremoto provocò terrore e danni a beni immobili e monumenti ma per fortuna vittime non ce ne furono: la Chiesa del Carmine però, ovvero la chiesa parrocchiale che poco prima dell’inizio della terribile scossa ospitava i fedeli in preghiera, crollò e rimase lì… accartocciata su se stessa per molti anni prima di essere ricostruita. Anche qui si vissero mesi e in alcuni casi anni di disagio dunque … la paura s’impadronì della vita della gente e quel senso di smarrimento, frustrazione e impotenza aleggiò negli animi per tanto tempo, ancora oggi, quando si affronta l’argomento mi rendo conto che alcuni divagano … forse perché credono che solo dimenticando si possa esorcizzare la paura.
La poesia di Moschiano in ricordo del terremoto
Fu un periodo molto amaro quello che seguì il sisma dell’ ’80, per certi versi simile alla fase che attualmente viviamo, si sperimentò quel sentimento della precarietà così familiare al popolo vesuviano che induce a vivere il momento presente preferendo l’oggi al domani e dando valore alla quotidianità e ai gesti semplici. Allora come oggi furono ridisegnate le priorità, il valore degli affetti prevalse su ogni cosa … e anche il Natale, l’evento più atteso per i riti, le manifestazioni e le tombolate tra amici ebbe un sapore diverso.
In tale occasione, il caro professore Pasquale Moschiano, maestro e faro per più di una generazione nel Vallo di Lauro, compose dei versi che pubblicò nella raccolta “Scherzando con le muse” nell’anno 2003, voglio condividerli con voi e penso non vi sia modo più degno per concludere questo articolo:
Primo Natale del Terremoto Irpino
Poesia di Pasquale Moschiano
Non dirmi – Auguri! –
Seppur riluttante di luci
Natale diffonde il suo canto
di vita sui morti schiacciati
dal sismo, sui vivi accampati
alle tende o nella baracca,
dove stille di acqua
scandiscono un tempo di gelo.
Quel canto non trova la via
del cuore bloccato
da un muro di angoscia,
puoi dirmi soltanto
-Sia pace ai sepolti!-
Blogger – Lauro
Sono una persona semplice, amo gli animali, ritengo che non siano loro le bestie; Non amo molto i gioielli, specialmente quelli costosi, preferisco gli accessori di poco valore; Non amo ricevere in regalo i fiori recisi: preferisco ammirarli nei giardini dove compiono il loro naturale ciclo vitale e non nei vasi dove hanno vita breve. Adoro il mare … i tramonti e Napoli …
Amo il blues,il canto del dolore, e il mio sogno è raggiungere un giorno quei luoghi che lo hanno visto nascere; Amo i nativi americani , la loro spiritualità e la loro cultura … e amo infinitamente la mia Terra, la mia Campania, il mio Sud … la Magna Grecia. Non tollero abusi, razzismo, ignoranza, arroganza e prepotenza … prediligo il dialogo costuttivo ma non mi piace confrontarmi con chi parla senza conoscere gli argomenti di cui discute ostentando la cultura che non ha.
Dai miei interlocutori amo sempre imparare!
Mastico inglese e spagnolo; sono socia delle associazioni Pro Lauro e Fonte Nova
Interessi vari
calcio; lettura; scrittura in poesia e prosa; musica; Passeggiate culturali;
amo la pizza e sono veg
Citazioni preferite: Veritas filia temporis
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