Riti di fuoco

Riti di Fuoco: l’architettura di un sogno, l’irrazionalità della fede e dell’incanto

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Riti di fuoco
Foto di Paolo D'Andrea

In una stanza dalle pareti ocra, ci siete voi, seduti su un tappeto borgogna, avvolti da una coperta scozzese color di zucca a sorseggiare un tè nero che sa di cannella e vaniglia. 

Davanti a voi c’è un camino di marmo liscio color dell’avorio, con la bocca più grande di quella della pettegola del paese, all’interno del quale bruciano i tronchi ruvidi di quercia e quelli maculati di faggio. La fiamma è imponente, ruggisce e strilla come farebbero delle janare vaganti. 

Le si può vedere nelle ombre e tra la cenere, mascherate, scure, gelide. Scompaiono riecheggiando per le strade. Quelle strade le conoscete bene, siete a Lioni e non siete soli, la magia vi illumina, la fede vi protegge, i vostri piedi disegnano ritmi antichi e lontani, le vostre mani fluttuano insieme a quelle di centinaia, tutto è cadenzato, sembrano litanie e canti: sono I Riti Di Fuoco; è la Madonna De Lo Fuoco.

Riti di fuoco
Foto di Andrea Drago

L’8 dicembre è la data in cui la razionalità lascia il posto all’irrazionalità della fede e della magia che si mescolano in un’unica grande tradizione religiosa e pagana. L’8 dicembre è la data della coesistenza, mondi paralleli si confondono, aumenta il disordine dell’universo così come la sua energia. Non esistono tempi diversi, ne esiste uno soltanto fatto di odori, sapori, arte e cultura.

Riti di fuoco
Foto di Andrea Drago

I falò imponenti dedicati alla Madonna si vestono di arte, si colorano di luci e forme nuove. I quartieri cancellano i propri confini, la festa si spande. I luoghi diventano astratti. Il fuoco unisce tutto, un fuoco unisce tutti.

Siete sempre lì, davanti a quel camino, il calore vi culla e il fumo accenna una ninna nanna. Siete di nuovo in strada. Davanti alla chiesa madre il fuoco è alto, è sacro, così come la solennità di quelle parole che conoscete benissimo. D’un tratto tamburi vicini, ottoni lontani, dove siete non lo sapete più. L’arco dell’Annunziata è uno scorcio di Messico più ridente che mai. Proseguite. 

Il brusio è in Re minore, come le note dell’handpan che vi guida ed è subito acquolina. La ruota degli aromi gira e vi trascina, il vino la fa da padrone, le carni accompagnano, il cioccolato si burla di tutti e due. Cioccolato, profumo di bimbo e di jazz. Nella piazzetta non c’è ricambio generazionale, nonni e bambini giocano con gli stessi giochi, quelli di un’infanzia perduta e una appena ritrovata.

Riti di fuoco
Foto di Andrea Drago

Vagate e il freddo non incide le vostre guance e le mani non sono sculture di ghiaccio. Si respira il calore di un deserto fatto di persone. Ci si inganna con l’arancio che si alza a rincorrere il blu notte. Si balla tra le scintille e le fiammelle vanno a tempo. Vi stropicciate gli occhi, è tutto vero. Quelle foglie saltellano verso di voi, sono gli alberi di Satriano con le loro fiaschette, bevono vino a suon di Montemaranese.

E’ buio. Una donna diventa fiamme, le fiamme diventano fata e tutt’intorno scalpitio. Non sono cavalli, ma cuori irpini, gli stessi che scostano il sipario e vivono leggende. E’ il Clan H che vi rapisce. Ci siete dentro fino al collo, le vostre tradizioni sono quelle del mondo, le vostre spezie sono africane, le vostre note mediterranee, eppure sareste pronti a  giurare che è una vecchia fisarmonica a suonarle.

Continuate a vivere un sogno, il sogno premonitore dei ragazzi della Pro Loco di Lioni.

Riti di fuoco
Foto di Paolo D'Andrea

Ho spesso parlato di quanto sia grande la potenza dell’associazionismo e di quanto i lionesi si spendano per essa. In definitiva se una traccia esiste, eccola, è questa. Centinaia di lionesi impegnati e migliaia di irpini accorsi.

Un sogno ha un’architettura complessa, difficile da trasporre in una realtà fatta di mille codici, ma non impossibile, soprattutto quando la forza di volontà non indietreggia. Immaginate un castello di carte francesi e immaginate poi di realizzarlo con del materiale solido, del legno magari. 

La trasposizione dell’insicurezza nella certezza è un lavoro minuzioso, faticoso e come se non bastasse i sogni sono sempre intrisi di idee e valori rivoluzionari. Immaginate, quindi, che per il vostro castello, il legno piallato non sia abbastanza, immaginate di volerlo anche intarsiare. Immaginate di voler celebrare la tradizione, di  unire sacro e profano, di combattere il dualismo delle culture, di esaltare le uguaglianze con la bellezza della diversità. 

Immaginate di avere un calderone come se foste novelli alchimisti e immaginate di preparare una pozione con tutte queste qualità senza esplodere. Immaginate di riuscirci, quei ragazzi lo hanno fatto. Lioni lo ha fatto e lo farà anche in questo 2020.

“Chi tenia lo pane murìo, chi tenia lo fuoco campào”.

Scritto da Chiara Ciotta

Editor: Gian Salvo Nappa

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