
Il Carnevale in Italia è una festa cattolica-cristiana che affonda le sue radici in un periodo lontanissimo. Si dice che già nel V secolo il Carnevale fosse famoso. In questa occasione, l’Italia si riempie di svariati eventi in ogni città, musica, tripudio di colori, tradizione e folklore. I festeggiamenti si svolgono in parate pubbliche in cui gli elementi caratteristici che dominano sono le maschere e gli scherzi. Tra i più celebri, ricordiamo il Carnevale di Venezia, Firenze, Viareggio, Roma, Torino, Ivrea e Nizza. Il Carnevale di Venezia è menzionato in un documento datato 1094 e ha il suo emblema nella maschera, dietro cui i cittadini nascondono la loro identità e annullano ogni tipo di distinzione sociale.

Il legame alle antiche usanze cristiane è molto forte, tanto che lo ritroviamo nel nome CARNEVALE, dal latino CARNEM LEVARE, che indica il termine ultimo in cui era possibile mangiare carne prima dell’astinenza dovuta al periodo di Quaresima. Protagoniste indiscusse del Carnevale sono le maschere, ognuna con le proprie caratteristiche: da Arlecchino a Pulcinella, la maschera più famosa al mondo, l’anima del Carnevale partenopeo, nota fin dal 500. Il termine maschera in arabo significa scherno; ogni città italiana ha la sua maschera caratteristica, personaggi tipici della commedia dell’arte che rappresentano le tradizioni domestiche, lo spirito e il sapore dei tempi antichi, sopravvissute nel tempo per raccontare e conservare gli aspetti più rilevanti delle varie città italiane. Ma il Carnevale non è solo maschere, ma anche sfilate, suoni, carri, feste , riti, stelle filanti e coriandoli che nacquero nel 1875 da un’idea di un’ingegnere milanese.
CARNEVALE A SANT'ANDREA
Anche nel mio paese dell’entroterra irpino, Sant’Andrea di Conza, si è soliti ogni anno celebrare questa simpatica ricorrenza; già dal 17 Gennaio, giorno dedicato a Sant’Antonio Abate in cui si accendono in ogni rione grandissimi falò, inizia il Carnevale; ce lo ricorda un noto proverbio santandreano che recita: ” Chi bbuon Carnual vol fà, da Sant’Antuon adda accummenzà.”
Quindi questo giorno scandisce l’inizio dei festeggiamenti di Carnevale. Ma sicuramente il Carnevale di paese si differenzia da quello delle grandi città. Proprio per questo, le maschere tipiche del mio paese sono i cosiddetti “ zing’r “, ossia adulti, ragazzi e ragazze che indossano abiti malconci, vecchi e sporchi, tali da renderli irriconoscibili al resto della comunità.

Le persone che animano le piazze e soprattutto in quei giorni non amano camuffarsi , tentano invano di identificare questi ultimi dai gesti e dalle movenze. Lo scopo di questo mascheramento è quello di incutere timore, paura e un pò di mistero. In seguito, gli zingari si recano in alcune abitazioni recitando la tradizionale filastrocca: “Damm nu poc d’ sauchicchj, ca m’ n’ vac a citt a citt; e si num la vuò dà, t’ s pozza nfracetà.”
Spesso le loro richieste vengono accolte affinchè non compiano gesti indesiderati o addirittura proferire ingiurie, imprecazioni e parolacce.

Fino agli anni 70/80 si svolgevano delle sfilate, si preparavano dei carri ben addobbati sui quali venivano fatte salire ragazze e bambine che indossavano il costume tipico santandreano, ossia la Pacchiana, e si andava in giro nei paesi limitrofi. La Pacchiana attualmente può benissimo essere considerata una maschera, in quanto, in passato era il costume indossato dalle donne in occasioni importanti come matrimoni, feste, cerimonie ed eventi meno lieti come i funerali. Un ricordo nitido che appare tuttora nei racconti di mia nonna è sicuramente legato anch’esso alla figura di sua nonna, dove la si può intravedere mentre indossa l’abito della pacchiana durante l’ultimo viaggio nell’aldilà. L’abito vero e proprio era composto così:
. gonna;
.vantesino;
.corpetto, parte più difficile da realizzare per tenere ben fermo il seno della donna;
.cammisola;
.maccaturo.
Inoltre, le pacchiane indossavano anche un vistoso “ b’rlocche”, girocollo fatto da un nastro di velluto nero e un ciondolo d’oro, che era un distintivo del loro abbigliamento. Più oro veniva indossato, maggiore era la bellezza che ti contraddistingueva. Fin da bambina sono stata sempre legata a questo meraviglioso costume, tanto che nel giorno della mia laurea ho fortemente desiderato riceverlo dalla mia adorata nonna, che ha cercato meticolosamente e con tanta cura la stoffa facendolo cucire interamente a mano da una sarta del posto, di grandi doti e professionalità. Tuttora lo conservo nel mio armadio come una reliquia.

CARNUAL CHIN D' PAGL', MACCARUN' FOGL' E CARN'
Numerose sono le filastrocche legate alla tradizione carnevalesca sant’andreana, ma quella che preferisco è la seguente: “Carnual p’cchè si muort, l’anzalat è dind a l’uort, lu pru’sutt eglj appis, Carnual è muort accis.” Da qui un aneddoto che non si deve tralasciare se si vuole capire bene qual’è la leggenda del Carnevale.
Si racconta che Carnevale, essendo molto goloso e per di più ingordo, si indebitò fino al collo tanto da essere impiccato e portato sul carro funebre al camposanto. La moglie, Quaresima, disperata, piangeva giorno e notte fino alla Santa Pasqua; ed è per questo che prima di Pasqua non si mangia carne, poichè la moglie di Carnevale fa economia per poter pagare i debiti del marito.
Il Sabato Grasso la gente che tornava in paese dalla campagna, festeggiava il Carnevale in modo particolare e originale. Loro preparavano due fantocci, fatti di canne e paglia, uno per Carnevale e uno per Quaresima. Il Giovedì Grasso, gli sposi vengono sistemati su un carro trainato da buoi e suguito da un corteo formato dalla banda musicale paesana e da bambini e adulti mascherati. Il corteo attraversa tutte le strade del centro storico urlando, suonando e cantando. Il corteo, poi, si ferma in piazza e i due vengono uniti in matrimonio dal sindaco e dal prete. L’atmosfera è talmente burlesca che si sentono schiamazzi, risate e urla ovunque. Il Martedì Grasso ,Carnevale veniva messo al rogo accompagnato dai pianti della moglie (una donna vestita di nero che intonava il lamento funebre dialettale).
Con il rogo termina il Carnevale. Si credeva che una volta bruciato il fantoccio, lo spirito del male moriva e il terreno coltivato dava buoni frutti. La popolazione era convinta che più le fiamme fossero alte, maggiore e proficuo era il raccolto.
Ovviamente, come tutte le feste e le tradizioni italiane non poteva mancare un accenno alla cucina. Infatti in ogni regione si trovano ricette gastronomiche secolari per festeggiare il Carnevale. In Campania come anche nel mio paesino, il dolce tipico che troviamo sulle tavole dei sant’andreani sono le chiacchiere ma uno dei piatti più gustosi che si ama mangiare in quei giorni di festa è: migliazz'( pizza gialla fatta con la farina di grano duro), fogl'( verdure miste) e la cot’c (cotenna del maiale).
Spero di non avervi annoiato e vi lascio con l’acquolina in bocca in modo da visitare il nostro piccolo borgo e scoprire non solo le bellezze architettoniche ma soprattutto le tradizioni, le usanze e anche l’arte culinaria che tuttora conserva tutta la sua bontà e genuinità.
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Il Forum dei Giovani di San’Andrea di Conza nasce nel 2018 come organismo di partecipazione alla vita ed alle istituzioni democratiche e come spazio di incontro permanente tra i giovani, le aggregazioni giovanili e l’Amministrazione Comunale. L’obiettivo è quello di coinvolgere i giovani e le aggregazioni giovanili, quale presenza attiva e propositiva nell’ambito sociale e culturale, e di operare in stretta collaborazione con le diverse realtà ed organizzazioni sociali, che compongono l’universo giovanile territoriale.
Il desiderio che ci spinge ad utilizzare questa piattaforma è proprio quello di condividere la nostra storia, la nostra cultura, le nostre tradizioni, i nostri eventi in modo da tale da far conoscere la nostra amata terra in tutto il mondo e dargli l’importanza che merita, molto spesso sottovalutata.
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