Un rito dALLE ANTICHE ORIGINI
Gli antichi greci nel VI secolo a.C, grazie all’ausilio del filosofo Anassimene di Mileto, furono i primi ad introdurre la teoria dei quattro elementi. Il fuoco insieme all’acqua, l’aria e la terra, ne rappresenta uno dei quattro: è da sempre considerato come il simbolo di purificazione e di vigore, racchiude in sé molta energia ed un principio di una nuova vita. Il fuoco si presenta con una duplice veste simbolica: da una parte è considerato come promotore della crescita dei raccolti quindi dona vita, ma, allo stesso tempo, brucia e distrugge, quindi è il simbolo di un imminente pericolo di calamità e di malattie. Nella cultura tradizionale, il fuoco segna un momento di passaggio nel ciclo dell’anno: il transito dalle fredde giornate invernali alle tiepide e miti giornate primaverili.
Ad Aquilonia, la tradizione del falò di San Giuseppe è molto antica; il fuoco costituisce un’offerta a San Giuseppe che nella grotta di Betlemme bruciò il proprio mantello e mendicò della legna di casa in casa. Questa consuetudine di chiedere della legna è viva, soprattutto nei più piccoli che, impossibilitati nel procurasi la legna, cercano la materia prima bussando alle porte dei propri concittadini. Ricordo che, quando ero più piccolo, già qualche settimana prima del falò ci si adoperava nell’accatastare la legna; nessuno si sottraeva ad aiutare, anche perchè vigevano delle regole ferree secondo le quali non si potevano fare più di un tot. di assenze altrimenti si rischiava la non partecipazione al falò ‘se non del tutto giusto, quasi niente sbagliato’, citando il buon vecchio Faber. Nel primo pomeriggio, c’era un via vai non indifferente di carriole che si riversavano per le vie del paese a destra e manca (in mezzo al corso c’erano più carriole che macchine, ed è tutto dire).
La sera del 19 marzo, il cielo di Aquilonia si illuminava di tanti piccoli bagliori scintillanti; i falò ornavano la piazza e le strade principali. Nel pomeriggio si iniziava a preparare da mangiare e ad accendere il fuoco perchè altrimenti “nun fac’ la vrasc’ p r sausizz’”. Nonostante le immancabili zeppole di San Giuseppe dominavano incontrastate la scena culinaria, anche le miriadi qualità di carne e dulcis in fundo, l’immancabile caciocavallo ‘appcat’, si ritagliavano un ruolo da protagonisti nella festa. Il tutto era accompagnato da un buon vino, dalle chitarre e tammorre che riscaldavano il clima, rendendolo allegro e festoso.
Anche quest’anno, come d’altronde lo scorso anno, sarà un San Giuseppe diverso; ognuno a casa vicino al proprio falò, le allegre comitive hanno lasciato spazio al distanziamento sociale e alle mascherine. Con l’auspicio che un grande fuoco, simbolo di nascita e rottura, possa ergeresti e spazzare via la spiacevole situazione in cui ci troviamo, vi dò appuntamento al mio prossimo articolo.
Blogger Aquilonia.
Sono Antonio, nato e cresciuto ad Aquilonia, paese dell’Alta Irpinia.
Sono laureato in scienze politiche all’Università di Bologna, le mie passioni sono la storia, la politica e la fotografia.
Come molti di voi, sono uno studente fuori sede che ama il suo paese, il suo luogo d’appartenenza, le sue origini.
Il nostro territorio, troppo spesso sottovalutato è pieno di risorse, una su tutte siamo noi giovani e lo dico senza alcuna retorica; spetta ai giovani far conoscere e sponsorizzare i nostri paesi.
Con la speranza di fare un bel lavoro, cercherò di catapultarvi alla scoperta della storia, dei miti, delle leggende del mio paese: Aquilonia.
‘E te li senti dentro quei legami
I riti antichi e i miti del passato
E te li senti dentro come mani
Ma non comprendi più il significato’
Radici, Francesco Guccini.
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