“Il dionisiaco e l’apollineo, con creazioni sempre nuove e successive, e rafforzandosi a vicenda, dominarono la natura ellenica.”, scriveva così Friedrich Nietzsche nel 1872, quando pubblicò “La Nascita della tragedia” definendo l’arte – e quindi la cultura – ellenica come sintesi tra razionalità e passione. Tale sintesi, forse come sapeva bene anche lo stesso Nietzsche, è alla base della cultura di ogni civiltà e come è tipico di tutti i borghi del Sud Italia, anche la storia e gli usi di Altavilla sono frutto di una fusione tra storia documentata e credenze popolari.
Si narra infatti, fin dall’antichità, la famosissima leggenda che lega Altavilla e le streghe: le cosiddette Janare. Come sappiamo, in corrispondenza dello stretto di Barba si trova un ponte detto dei Santi e, proprio qui – secondo la tradizione – sorgeva un noce molto antico, posto sulla riva del fiume Sabato e sotto i cui rami si veneravano divinità sin dai tempi dei Romani e dei Longobardi e, in alcuni periodi dell’anno, nelle notti di luna piena, era sotto questo robusto albero che si celebravano i riti delle streghe Janare.
Tutte le streghe d’Europa pronunciavano, nella notte di San Giovanni, delle parole ben precise al fine di essere trasportate al noce: “unguento unguento, mandame alla noce di Benevento, supra acqua et supra vento et supra omne maltempo.”. Giunte lì, praticavano il Sabba, ossia il rito che consente alle streghe di preservare i loro poteri. Se, malauguratamente, ci si trovava nei pressi del noce nella notte del 24 giugno, l’unico modo per sfuggire a questi riti era quello di cospargersi di unguenti nati proprio dalle erbe di San Giovanni, fra le quali si possono citare aglio, ribes e verbena.
Nel “La superstiziosa Noce di Benvento”, ristampato nel 1984 da Armando Forni, si narra una leggenda – intitolata Il gobbo di Altavilla – riguardante un uomo di nome Lamberto Alutario, un gobbo, che decise di andare a trovare i suoi cari alla vigilia del Santissimo Corpo di Cristo. La sua meta era distante sei miglia da casa sua e, durante il tragitto, fu costretto a passare per Altavilla: giunto alle porte di questo paesino, in tarda notte, il gobbo udì a un tratto queste parole: “Ben venga il giovedì e il venerdì, crese che fussero mietitori insieme con le donne che colgono le spighe e facessero allegrezza…”.
Lamberto si avvicinò alle voci e vide un gran tumulto di donne che ballavano e cantavano sotto un gran noce. Decise, così, di unirsi a loro. A un tratto, il gobbo scelse avventatamente di sedersi per primo sulla tavola allestita a pochi passi dal noce, per poter mangiare e riposarsi. In questo frangente, fu colto alle spalle da un demonio che, con gran destrezza, gli spinse la gobba in modo che essa uscisse davanti al petto. Lamberto, impaurito, gridò l’unica frase che gli passava allora per la mente: “Oh Gesù Vergine Maria”.
D’improvviso, vide tutte le donne scomparire e rimase da solo, con la gobba ormai tramutata in petto. Lamberto – ancora traumatizzato – capì che si era trattato di un incontro con le Janare. Per il poveretto, però, i problemi non finirono qui: tornato a casa, non fu riconosciuto da sua moglie che, vedendolo senza gobba, lo costrinse a dormire all’aperto. Non solo: in seguito, per il suo nuovo goffo aspetto, fu pubblicamente deriso dai giovani del luogo.
Entrate nella cultura popolare, le Janare compaiono in numerose narrazioni e si dice anche che, sempre nella notte tra il 24 e il 25 giugno, il giorno di San Giovanni, le streghe circolino nelle stalle per intrecciare il crine dei cavalli. La tradizione vuole che questo sortilegio fosse molto temuto dai contadini, perché presagio di cattiva sorte. Infatti, quando trovavano i loro cavalli con il crine intrecciate, immediatamente si recavano dal prete del paese per far sciogliere il maleficio fatto al padrone del cavallo.
Ma come mai tutto questo avviene proprio nella notte di San Giovanni? La storia del Santo ci dice che fu ucciso per volere di Salomé – che sarà indentificata come la prima strega della storia – che, da allora, fu costretta a vagare per il mondo, spinta dal soffio di quest’ultimo.
Troviamo nella tradizione altavillese anche un risvolto positivo alla notte delle streghe: si narra che, il giorno successivo alla famigerata notte, le fanciulle si accovacciassero sull’erba del noce per chiedere fertilità, mentre alcune streghe leggevano il futuro delle giovani mogli sottoscrivendo con esse un vero e proprio “contratto”.
Questa tradizione ha fortemente condizionato l’esistenza del noce: infatti, quando l’imperatore d’Oriente volle conquistare Benevento, i longobardi furono costretti a tagliare il noce per ottenere l’appoggio della Chiesa. Si narra che, al momento del taglio, dal tronco uscì una vipera che si nascose sottoterra; il noce ricrebbe dopo pochi giorni più grande e rigoglioso di prima. Altri ancora narrano che, nella sua millenaria storia, si sia tentato di bruciare il noce più volte, senza mai ottenere il risultato sperato.
Secondo alcuni, questo noce è ancora visibile, e aspetta ognuno di noi per inebriarci della sua storia e della sua magia.
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Autore: Sabino Pio Spiniello
Il noce delle Streghe
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Signori,vi ringrazio per la storia delle streghe..(ben descritta) pero’ io che lo stretto di barba lo conosco benissimo,non ho mai visto o sentito parlare delle streghe, quello che era di moda negli anni 60 era di andare dai maghi e farsi dare un’elisir d’amore per conquistare la ragazza del cuore, visto che i genitori non davano in consento e spesso finivano con scappare via da casa..i cosidetti maghi facevano soldi a palate e la povera gente ci credeva a queste fesserie….speriamo che non si ritorna indietro di 60 e piu anni con queste storielle, …in ogni modo per leggere e’ sempre ok..buona giornata e buon lavoro..