laboratorio restauro altavilla irpina

Ricucire il passato: l’artigianato ad Altavilla

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laboratorio restauro altavilla irpina
Gomitoli - Scatto di Davide Cavaliere

Quando ero piccola guardavo mia nonna cucire, mi affascinava osservare le sue mani affusolate che spingevano un ago con del filo su e giù nella stoffa, mi affascinava vedere come un capo d’abbigliamento prendeva vita: un vestito, una gonna, un gilet; oppure ricuciva vecchie cose: calzini bucati, pantaloni strappati. All’epoca di mia nonna era normale che una donna sapesse cucire ed esercitasse questa piccola mansione domestica. Oggi non è più così, sono poche le artigiane rimaste a cui piace apprendere questo mestiere. Pochi mesi fa, grazie alla mia cara amica Claudia, una delle poche artigiane che conosco, mi sono imbattuta in un piccolo laboratorio di restauro tessile, in cui lei esprime la sua arte. Questo meraviglioso laboratorio, nel quale riprendono vita abiti di qualsiasi genere, di epoche comprese tra il Settecento e l’Ottocento, è situato ad Altavilla Irpina in piazza San Leone, in un edificio che moltissimi anni fa ospitava un ospedale.

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Luca Calandini e Claudia Bruno - Scatto di Davide Cavaliere

Il laboratorio nacque alla fine degli anni novanta, sotto il nome di “Collegiata dell’Assunta”, grazie alla Professoressa Portoghesi, una donna conoscitrice del tessuto, ma soprattutto del restauro tessile; proprio ad Altavilla furono ritrovati, nella Cripta di Sant’Alberico e San Pellegrino, per la prima volta dei reperti tessili e si ebbe l’esigenza pratica di restaurarli, si dovevano recuperare nel minor tempo possibile il maggior numero di pezzi possibili, per far sì che l’abito riprendesse vita. Poco dopo il laboratorio venne chiuso vivendo in una situazione precaria.              

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Trattamento tessuti - Scatto di Davide Cavaliere

 Dopo molti anni, grazie a due persone, Luca e Gabriella, che avevano appreso tutto del restauro tessile dalla Professoressa Portoghesi, riuscirono a risollevare le sorti del laboratorio, inaugurandolo nel maggio del 2019. Qualche giorno fa, entrando nel laboratorio, mi colpì subito l’aria che si respirava, quel posto emanava positività e creatività, ma soprattutto un forte odore di sapone di Marsiglia. Nella stanza principale si osservavano alcuni vestiti strappati da recuperare, scarpette di piccola taglia, presumibilmente erano di qualche bambino, vecchi pantaloni con dei numeri in vita, all’epoca sui pantaloni venivano riportati dei numeri per il riconoscimento delle persone. Gabriella, l’attuale responsabile del laboratorio di restauro, mi spiegò tutto con accuratezza e semplicità, ma soprattutto con passione, mostrandomi le varie fasi del restauro, spiegandomi passaggio per passaggio. La prima fase riguarda la pulitura meccanica del tessuto con delle macchine aspiranti, nella seconda fase si passa all’analisi del pezzo da restaurare, se il reperto è di cotone o di fibra vegetale, la prima cosa da fare è reidratarlo con dell’acqua demineralizzata, lavandolo accuratamente con del semplice sapone di Marsiglia, sapone solido che tra l’altro viene riprodotto nel laboratorio in diverse forme.  Si passa, così, alla terza fase, in cui il pezzo viene applicato su un supporto dello stesso materiale del tessuto da restaurare, comincia così la fase più lunga del restauro.  

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Il lavoro in laboratorio - Scatto di Davide Cavaliere

I tempi di lavorazione e sviluppo delle varie fasi sono indefiniti, poiché ogni pezzo risponde in modo diverso da un altro, il che rende il tutto più affascinante e bello da scoprire. Dopo essere stati restaurati, i vestiti vengono esposti al museo civico della gente senza storia, che attualmente si trova in Piazza IV novembre, all’interno della casa comunale. Gli abiti restaurati non hanno un’identità, appartengono a contadini, massaie, bambini. La loro storia è ignota, nessuno l’ha mai conosciuta, mi dà gioia pensare che quelle persone hanno calpestato la stessa terra che oggi calpesto io, donne che cucivano vestiti e riparavano calzini, o partecipavano a delle feste qui nel mio paese. Nel laboratorio, in qualche modo, tutto prende nuovamente vita, e la storia di quella singola persona la lasciamo all’immaginazione di tutti noi.

Probabilmente i vestiti da restaurare ad Altavilla finiranno, ma Luca e Gabriella non si fermeranno, continueranno a ricercare vecchi vestiti, vecchi pantaloni. Quindi non è detto che tra qualche anno loro saranno ancora qui, ma potrebbero trovarsi in qualsiasi altro paese dell’Irpinia, o dell’Italia o addirittura del mondo. In qualsiasi posto dove ci sarà qualche vecchio pezzo da restaurare, lì andranno, accompagnati sempre dalla voglia di ricostruire, non smettendo mai di imparare cose nuove.

                                                 

Autore: Marianna Ragosa

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