
Purtroppo, a Frigento, negli ultimi anni, la ricorrenza del carnevale è venuta sempre meno. Il mio proposito per ciò che vi accingete a leggere è di riportare alla mente delle persone con più esperienza e dei ragazzi la storia del carnevale frigentino, passando per il folklore fino alle tradizioni culinarie.
Preciso che Frigento non possiede una storia carnevalesca come altri paesi irpini (Teora, Castelvetere, Lauro, Torella dei Lombardi), ma non per questo non presenta tradizione e storia. Per cui, adesso, tramite i racconti dei miei genitori, dei miei amici amici e persone lustre del mio paese, cercherò di farvi immaginare Frigento agghindato per il carnevale, con luci, colori, maschere, musiche e l’odore dello scarpone che invade il paese.
Gli albori del carnevale frigentino
Nel nostro paese, non ci sono mai state, tranne rare eccezioni, manifestazioni importanti. Solo a tarda sera del martedì grasso, concluse le celebrazioni sacre, si svolgeva il corteo del carnevale morto. Un volenteroso realizzava un fantoccio disteso in una bara per la manifestazione; ai primi rintocchi del campanone della Chiesa Madre, si formava un corteo funebre, che percorreva tutto il centro abitato.
Il maestro Ovidio De Martino, a volte, ne curava la coreografia. OVIDIO, frigentino doc ed abile restauratore, era il riferimento per molti giovani che si recavano nella sua bottega, per farsi truccare il volto, dopo aver indossato strani e variopinti costumi.

Apriva il corteo una fila di maschere raffiguranti i confratelli, in uso negli antichi cortei funebri; seguiva un gruppo di piangenti, vestite di nero che, con acuti lamenti, consolavano la moglie di Carnevale (era sempre un ragazzo che la rappresentava). La consorte affranta urlava a squarciagola e, contorcendosi in maniera grossolana, ricordava tutte le abbuffate del defunto marito, ricordandone la virilità con rimpianto e nostalgia. Il feretro di Carnevale veniva così trasportato in Piazza Municipio. Qui il corteo si fermava.
Un improvvisato tribunale popolare pronunciava la condanna a morte di Carnevale, mettendo in evidenza i misfatti del defunto. Dopo la lettura della sentenza, veniva acceso un gran falò e Pasquale Carnevale veniva bruciato tra le urla delle maschere che si sfrenavano in vorticosi girotondi, trangugiando vino ed altri alcolici mentre le fisarmoniche intonavano la tarantella.
A mezzanotte in punto, zi’ Vicienzo saglieva, orologio alla mano, ‘ngoppa a lo campanaro. “Aggia ì a sonà a muorto” esclamava “ trase Quaraesema”. Il lugubre suono delle campane decretava così la fine del Carnevale.
La quarantana
Una delle più bizzarre e singolare tradizioni frigentine è la cosiddetta “Quarantana“, una bambola di pezza raffigurante una vecchia, che l’usanza vuole, durante il periodo della Quaresima, venga sospesa ad un filo annodato tra due balconi. La simpatica nonnina, che la leggenda vuole sia identificata con la moglie del defunto Carnevale, è generalmente vestita di nero, e nelle mani stringe la conocchia: passa le intere giornate a filare, per distrarsi e non immalinconirsi troppo, pensando al caro congiunto passato a miglior vita. All’estremità della bamboletta, fatta di stracci e di stoffa usurata, è legata una vistosa patata in cui vengono conficcate sette penne (sei nere e una bianca), che tolte una ad una, ogni Domenica di Quaresima, segnano l’arrivo della Pasqua.

Una tradizione, quella della “quarantana” sempre più affievolita, a Frigento, qualcuno ancora oggi però espongono questa bambola, soprattutto nei vicoli più antichi del centro. L’origine di questo eccentrico emblema della tradizione popolare frigentina non è ben definito e per scoprire qualcosa a proposito, non giova nemmeno sapere, che esistono, in diverse località meridionali – soprattutto sulla costa salentina e nell’entroterra lucano e calabrese – manifestazioni di cerimoniali analoghi.
Sebbene di questa antica tradizione popolare, purtroppo, rimangano soltanto tracce orali nei ricordi degli anziani che lasciano presupporre un’origine legata ai riti cristiani di digiuno e di penitenza, osservati in occasioni della Quaresima, dopo i bagordi di Carnevale, si può forse ipotizzare che anche questa eccentrica liturgia, possa essere ricondotta a tradizioni che affondano negli antichi baccanali – papà del moderno Carnevale e nelle rappresentazioni teatrali delle Atellane, quando “carnevale morto” veniva portato in giro per il paese su di un carro oppure, in qualche modo, alcune tracce riconducono ai riti dei “Saturnali”, i giorni in cui a Roma si capovolgevano gli ordini sociali e anche gli schiavi potevano dire a tutti, ciò che pensavano.
pizza chiena alias Scarpone
‘A pizza chiena, cioè ripiena, è il rustico più apprezzato in Campania durante il carnevale. Le sue origini risalgono all’entroterra della regione e in particolare alle realtà rurali; così come ci suggeriscono i succulenti ingredienti di cui è composta.
Dorata e croccante all’esterno, nasconde un ripieno morbido e gustoso al suo interno; consistenze e profumi diversi si amalgamano per dare vita alla “pizza chiena”, il rustico più amato d’Irpinia. Come si evince dai suoi ingredienti, questo immancabile piatto carnevalesco, ha origini contadine. La cucina povera, infatti, era in realtà quella che poteva disporre più facilmente di questi elementi: formaggi, uova, farina, salumi.

Ricetta:
ingredienti per la pasta:
- 600g di farina di tipo 0
- 300ml di acqua
- sale qb
- 6g di lievito di birra
- burro per la teglia
ingredienti per il ripieno:
- 400g di salame
- 400g di formaggio primo sale
- 3 uova intere
- 300g di ricotta
- 4 pezzi di cotica di maiale
PROCEDIMENTO:
La realizzazione della pizza piena parte dall’impasto del pane. Fate sciogliere il lievito nell’acqua, aggiungete la farina e il sale ed impastate energicamente per circa 15 min. Quando l’impasto sarà omogeneo ed elastico, lasciatelo lievitare in una ciotola coperta da un canovaccio per circa 3 ore.
Mentre l’impasto lievita preparate il ripieno. Affettate il salame e tagliate il formaggio primo sale. Per la farcia, in una terrina, sbattete le uova con la ricotta e aggiungete sale e pepe. Stendete ¾ della pasta di pane e foderate una teglia da circa 24 cm di diametro, precedentemente imburrato. Sul fondo aggiungete un mestolo del composto di uova e ricotta. Aggiungete il salame a fettine. Ricoprite con le fettine di formaggio. Aggiungete un altro mestolo di uova e ricotta. Alternate gli strati fino a quando non avrete riempito tutta la pizza piena.
Preriscaldate il forno a 150°, stendete la pasta rimanente e coprite la pizza piena. Chiudete bene i bordi in modo che il ripieno non fuoriesca. Cuocete in forno per almeno 60 min. Quando la pizza piena sarà cotta, lasciatela raffreddare completamente su una gratella, prima di servirla
Per la realizzazione di questo articolo devo ringraziare due ragazzi del Forum dei Giovani di Frigento, ovvero, Mauro Nudo per la ricetta e la storia della “Pizza chiena” e Federica Pelosi per la revisione formale dell’articolo.
To be continued...
Siamo arrivati alla fine di questo articolo, ma non temete! Se continuerete a seguirci ben presto riavrete la fortuna di immergervi nella bellissima Frigento! ALLA PROSSIMA!

Un blogger Frigentino! Salve lettori, mi presento: mi chiamo Federico Cocchiola ma per gli amici Scrocchiola, ho 18 anni, il mio paese è Frigento e amo la mia terra. Ho deciso di far parte di questo blog per permettere a voi lettori di immergervi in uno dei paesi più belli d’Irpinia. Nel mio comune mi sono impegnato in ogni modo possibile; faccio parte di diverse associazioni: sono, infatti, un volontario della Pubblica Assistenza frigentina nonché il “presidente” del Forum dei Giovani. Cari saluti Scrocchiola
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