
Il dottor Giuseppe jannuzzi, fra storia, cultura e SOCIALITà
Il 6 febbraio scorso si è svolta la commemorazione dei 110 anni dalla morte del dottor Giuseppe Jannuzzi, personalità di spicco nel panorama zungolese. Medico e uomo di cultura, Jannuzzi rappresenta, per il nostro paese, motivo di orgoglio, di vanto e di prestigio. In occasione del suo anniversario di morte, la comunità tutta si è stretta (metaforicamente parlando, visti i tempi difficili in cui viviamo) intorno al ricordo e alla celebrazione di una figura tanto esimia. In piazza castello, in prossimità dell’edificio a lui dedicato, simbolicamente, una rappresentanza dell’amministrazione comunale e una rappresentanza di noi ragazzi del Forum dei giovani di Zungoli ha rammentato l’importanza di tale personalità, affiggendo, emblematicamente, una corona in suo onore.

Jannuzzi non è stato solo un medico, un uomo di scienza, ma anche un uomo di dottrina, fine amante della cultura in tutte le sue sfumature e, soprattutto, uomo del popolo. In un momento come questo, dove l’emergenza sanitaria ha messo tutti di fronte a tante altre meta-emergenze, a tante forme di urgenze nate in seno ad altre urgenze, ricordare un uomo che fece della sua sapienza uno strumento di umanità e, viceversa, della sua umanità il più nobile mezzo conoscitivo, significa rammentare e rammentarci quanto importante sia dedicarsi agli altri, mettere tutta la propria scienza (in qualunque campo, da quello medico a qualsivoglia ambito lavorativo) e coscienza al servizio della collettività.
Il valore della sua persona e l’attualità del suo personaggio emergono da diverse prospettive: per coglierne un esempio di lungimiranza, assennatezza e, soprattutto, contemporaneità, basti pensare che nella sua opera “Topografia e statistica medica del comune di Zungoli”, il dottor Jannuzzi parla, nel 1881, dell’importanza delle vaccinazioni, che lui premeva per rendere obbligatorie, per il bene di tutti i cittadini.

La dedizione e l’amore per le sue radici ci insegnano il valore dell’appartenenza, unito a quello dello studio, della competenza e della socialità, quella capacità di saper spendere tutto sé stesso per gli altri.
Modello ed esempio di professionalità e di umanità, in un momento storico che, più del solito, richiede simili virtù, Jannuzzi ammonisce in apertura della sopracitata opera, che “Turpe est in patria vivere et patriam non cognoscere” (Plinio), ossia “è turpe vivere in una patria e non conoscerla”, laddove la conoscenza è e deve essere, per Jannuzzi come per noi, nel suo tempo come nel nostro, coscienza, sentire comune, agire comune.
Per disegnare, oggi più che mai, una topografia nuova, fatta di unità, nonostante le diversità o, piuttosto, grazie alle diversità stesse.

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