
Non è difficile notare il castello di Montella. Più che altro si ha visione di una torre e una cinta muraria. Non è molto distante dal centro, con una piccola escursione di trekking leggero lo si raggiunge facilmente. Insieme al convento e alla chiesa di Santa Maria della neve (o del Monte) costituiscono il Complesso Monumentale del Monte. Un luogo stracarico di storia, fede e scorci da visitare che non aspetta altro di raccontarsi. Vi parlerò presto del convento e della chiesa, oggi saliamo al castello e ve lo racconto.
Il contesto storico
La ricostruzione delle vicende che ci hanno portato ad avere oggi un castello a Montella è sicuramente in buona parte da attribuire al prof M. Rotili, che curò i lavori del complesso nel periodo successivo al terremoto del 1980.
Esisteva una fortezza sannitica definita Montella-piccola che sorgeva sulle sponde del monte del Santissimo Salvatore, e nella località Malte. Dopo le guerre Sannitiche (siamo circa nel 90 a.C.) gli Irpini si erano arresi ai Romani e l’abitato si spostò più a valle, sulle sponde del Calore. Nacque il Forum Felix, importante luogo di scambi e attività, nei pressi delle sorgenti del Bagno e della Pollentina. Una vera città romana il cui decumano coincideva con l’ultimo tratto della SP 43.
Ad un certo punto della storia la popolazione fu forzata a risalire in montagna per potersi difendere. Infatti fino al 571, con l’invasione longobarda, avevamo sofferto anche quella gotica e bizantina. Un riparo sicuro fu trovato a 833 m.s.l.m., su un colle che fu denominato semplicemente Monte. Protetto a sud dal Monte Sassetano e luogo di facile avvistamento e sorveglianza.
Il Castello
Si costituì quindi in questo luogo una curtis longobarda. Un vero centro abitato, con il castello circondato dalle mura di cinta, all’interno una torre, il donjon, e servizi, alloggi, botteghe, e quanto potesse servire ai signori. All’esterno delle mura c’erano orti, un cimitero e delle chiese.

Il castello era servito anche da un ingegnoso impianto idrico. Non sono note sorgenti sul Monte ma condotte, pozzi e cisterne assicuravano che l’acqua piovana e quasi sicuramente l’acqua sorgiva del monte Sassetano, fornissero il castello. Ad oggi conosciamo due acquedotti a servizio del luogo uno dei quali aveva anche una fontana (di epoca aragonese), la fontana di Ercole, visibile a pochi passi a destra rispetto all’ingresso della cinta muraria interna.
Sì, perché ben presto il castello si dovette dotare di una seconda muratura difensiva. Più esterna, più a valle, per garantire tranquillità alla popolazione che abitava nel luogo. Siamo certi della vivacità dell’insediamento poiché all’epoca la popolazione poteva contare su cinque chiese (S. Marco, S. Martino. S. Maria del Monte, S. Andrea, S. Giovanni de Castello) all’interno delle mura.
L’apice e l’abbandono del Castello
Arriviamo al momento di maggiore espansione per il Castello di Montella. Siamo nell’849 quando furono costituiti i due principati longobardi, quello di Benevento e quello di Salerno. Il gastaldato di Montella era l’avamposto settentrionale del principato di Salerno. Dal castello era facile comunicare (per modo di dire) con il castello di Bagnoli, che avrebbe trasferito il messaggio (segnali luminosi o di fumo o bandiere) dal castello della Rotonda a presidio del valico delle Croci di Acerno, unica via di comunicazione da e verso Salerno.
Nel 1076 il duca normanno Roberto il Guiscardo avanzava con il suo esercito verso Salerno. Veniva dalla Puglia, aveva già preso Conza ma risparmiò Montella per via dell’intercessione dell’arciprete di Nusco, Amato. Amato fu poi nominato vescovo di Nusco dal vescovo di Salerno, Alfano, quando Roberto il Guiscardo ebbe conquistato la città (la diplomazia nuscana già nel 1076).
Al Castello di Montella intanto avevano dimorato e dimoravano signori feudatari longobardi, normanni, svevi, angioini ed aragonesi. Nel 1222 alle porte del castello bussò anche Francesco d’Assisi, che fu allontanato poiché al castellano non era permesso di ospitare in assenza del signore (ma della storia di Francesco a Montella vi parlerò nel prossimo articolo). Nel 1445 arriva Garcia Cavaniglia e decide di trasferire la corte a valle (nell’articolo sui festeggiamenti in onore della Madonna delle Grazie vi ho parlato di come la festa si svolgesse probabilmente davanti alla corte).
Da questo periodo in poi il castello divenne una sorta di resort. Una casa di campagna, una riserva di caccia, che ospitò comunque diverse personalità dell’epoca. Sempre nel 1445 venne in visita il re Alfonso il Magnanimo, ma già negli anni precedenti il principe di Salerno Carlo II d’Angiò (1284) e successivamente Filippo d’Angiò (1364) erano stati al castello esclusivamente per delle battute di caccia. Anzi, in funzione delle loro visite furono creati dei terrazzamenti per rendere l’ambiente all’interno delle mura più simile a dei giardini.
Nel 1528 le truppe francesi di Lutrec diedero qualche colpo di grazia, e si pensa che proprio da questa data il castello divenne “impresenziato”. Solo circa un secolo dopo con la costruzione della chiesa e del convento si ebbe di nuovo presenza umana stabile in quello che fu poi un complesso.




Il donjon, il parco e l’interno delle mura
Il castello era quindi una vera e propria cittadella fiorente. Immaginatevi questi due anelli di mura che proteggono gli orti, le chiese e le piccole abitazione dei montellesi. Più su un’altra cinta muraria, più alta e massiccia, con un solo accesso maestoso. Oltre il portone un ampio spazio, lungo le mura botteghe, depositi, cisterne, ambienti vari, e poi sulla sinistra, a ridosso delle mura, la torre. All’interno della torre, su 4 piani, c’era tutto quanto potesse servire al signore.
Il primo piano era adibito a cisterna, il secondo a deposito e il terzo e il quarto erano gli appartamenti. Particolarmente evoluti per l’epoca, presentavano camini, forni, eccellenti rifiniture e decori e sorprendentemente anche un bagno con servizi igienici e lavabo. Ai piani si accedeva con una scala in pietra, ma all’ultimo piano era possibile salire solo con una scala di legno. Questo era uno stratagemma difensivo, infatti era molto semplice in caso di assedio distruggere la scala e nascondere all’ultimo piano il signore oppure arroccarsi e continuare a difendere il luogo.
Il castello di Montella è oggi visitabile anche grazie all’impegno dell’arciconfraternita del Santissimo Sacramento. Ma l’Irpinia è ricca e piena di castelli, roccaforti, torri, fortezze e palazzi che non aspettano altro di essere raccontati, riscoperti e goduti. Su Irpinia world cerchiamo di fare questo, cerca sul blog altri articoli del genere.

Sono Carmine, sono irpino e ne sono orgoglioso. Mi ritengo fortunato ad essere cresciuto a Montella. La mia fortuna è stata la mia famiglia, una famiglia radicata e sicura del proprio retaggio che mi ha trasmesso educazione, valori e rispetto, oltre che a tradizioni e consapevolezza del territorio e delle persone che ne creano la comunità. Negli anni ho potuto viaggiare, scoprire, vedere e visitare il mondo. Toccare le sue culture, ascoltare le lingue e le storie della gente. Ho fatto tesoro di questo, ne ho fatto esperienza e le ho riportate a casa. Sono cresciuto dando il mio contributo in qualunque modo possibile. Nel mio comune mi sono impegnato in ogni modo possibile. Ho partecipato e partecipo a diverse associazioni che vanno dal culturale al recupero del dialetto e del folklore, al teatro vernacolare; il forum dei Giovani; attività, comitati, organizzazioni, progetti, pubblicazioni ed eventi di ogni genere e natura; sono donatore di sangue del Gruppo Fratres all’UDR di Montella; sono guida culturale locale per la ProLoco “Montella Alto-Calore”; sono volontario FAI Giovani della delegazione di Avellino.
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