Nel mio intento di accompagnarvi per il mio paese e raccontarvelo, non potevo fare a meno di parlare della Castagna di Montella IGP. Non è facile, per niente, far intendere quale sia l’importanza di questo frutto per noi. Sotto tutti i punti di vista. La cura del castagneto e il lavoro per ottenere questa pregiata specialità sono qualcosa di più vicini ad una fede che ad un impegno. Per tutto il mese di ottobre la castagna è la priorità assoluta, viene prima degli affetti, della fede stessa e della vita sociale.
Ah, il marrone è un’altra cosa! E’ un altro tipo di castagna, non è una castagna grande, non ha a che fare con noi. Gli amici dall’altra parte del Terminio vi possono meglio aiutare a comprendere i marroni.
Sarà un articolo lungo, vi avverto, ma spero vi piaccia e vi dia tutte le informazioni che è davvero difficile trovare altrove e soprattutto in un unico posto.
La castagna di Montella IGP
Il castagno è una pianta originaria dell’Asia minore. Della specie Castanea sativa, la varietà della castagna IGP di Montella è la “palummina”. Per colore e grandezza, infatti, una di queste castagne tenuta sul palmo della mano sembra proprio una colomba che riposa. Naturalmente senza glutine e da sempre famosa per il suo sapore e la sua dolcezza, è la castagna che più si presta ad ogni tipo di consumo e lavorazione. Se non consumata o lavorata fresca, viene essiccata e poi avviata ad altri tipi di lavorazione, conservazione e trasformazione. Ma di tutto questo vi parlerò nel prossimo articolo.
La storia
Sono stati ritrovati fossili che assicurano la presenza del castagno già nell’era cenozoica. E’ facile comprendere che il clima degli appennini sia favorevole per questo tipo di pianta. Uno sviluppo importante, tuttavia, ci dovrà essere stato tra VI e V secolo a.C.
I greci la definivano “Ghianda di Giove”, per la sua bontà. Anche i romani hanno tessuto le lodi del frutto. Ma troviamo riferimenti in tantissimi scritti di ogni epoca.
Ma furono i Longobardi nel 571 ad emanare la rima legge a tutela del nostro frutto.
Fino all’incirca all’anno 1000, però, ci si limitava ad una scarsa cura del castagneto o semplicemente al raccolto. E’ da questo momento che inizia la storia come la conosciamo ora. Da qui si è iniziata la vera coltivazione del castagno e a produrre anche la farina di castagne per poter ottenere il “pane di legno”. Sappiamo che a questo punto l’economia attorno alla castagna sia diventata importante poiché nel 1001 (nel mese di luglio), per la prima volta, troviamo un documento del principe di Salerno Guaimaro III. In esso si trasmettono dei privilegi ad un suddito su un bosco di castagni e la raccolta dei frutti. La castagna, da alimento della popolazione, è diventato bene economico di scambio.
Da questo momento in avanti saranno incrementate e migliorate le tecniche di coltivazione della pianta e conservazione del frutto. Anche se dagli anni 30 ai 70 del 900 si è assistito ad un ridimensionamento del patrimonio arboreo. Il legno di castagno è stato importante per queste popolazioni quanto il frutto stesso. Esso veniva usato per ogni cosa: dal mobilio, al riscaldamento, alle costruzioni e finanche dato in dote.
La consapevolezza delle potenzialità della nostra castagna si manifestano con le prime emigrazioni verso le Americhe. Inizia l’esportazione che toccherà il suo culmine a metà anni 80 del 900.
Tra gli anni 70 e 80 si iniziano a notare sempre più spesso sul mercato nazionale e continentale prodotti venduti come castagne di Montella, che per ovvi motivi di quantità prodotte e lavorate non potevano avere questa provenienza. Sarà l’attività della Comunità Montana “Terminio-Cervialto” a far ottenere la Denominazione di Origine Controllata. Con decreto del Ministero dell’Agricoltura del 5 dicembre 1987 la castagna di Montella è DOC. E’ il primo prodotto ortofrutticolo ad ottenere questo riconoscimento, per il quale è necessario produrre un disciplinare (clicca qui per scaricarlo e leggerlo) che viene pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.
Con il Regolamento CEE 2081/92 è possibile ottenere l’Indicazione Geografica Protetta. La castagna di Montella, così nel 1996 diventa IGP con il Regolamento (CE) n. 1107/96 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della CE n. L 148/96 del 21 giugno 1996). Per intenderci, insieme alla castagna di Montella furono “titolati”, ad esempio tra gli altri, anche il Prosciutto di Parma DOC, il Parmigiano Reggiano DOP e il Gorgonzola DOP.
Il castagno degli Appennini ha resistito a tutti gli insetti infestanti tipici, ha anche sconfitto il cancro corticale, senza mai far mancare il proprio frutto alle popolazioni. Negli anni sono stati tentati innesti con ceppi di origine ibrida eurogiapponesi che sono sempre falliti perché non hanno mai generato un frutto o una pianta migliore oppure una maggiore produzione.
Nel secondo decennio del 2000 un insetto proveniente dall’Asia, il Cinipide Calligeno, si abbatte sui boschi di castagno di quasi tutta l’Europa riducendo la produzione, in alcune annate, anche al 30 % delle medie del secolo precedente.
I dati
Per comprendere l’importanza di questa coltura vi propongo dei dati che sono riferibili all’annata 1996. I numeri resteranno pressappoco gli stessi fino all’inizio del nuovo millennio. Ovviamente ogni annata ha le sue peculiarità e una diversa portata. La produzione è molto sensibile al clima, ma anche alla posizione del castagneto ed alla costituzione del sottosuolo. Un bosco scarsamente esposto al sole e le cui radici incontrano molto presto la roccia, produrrà meno frutto di uno stesso castagneto in condizioni più favorevoli (suolo di origine vulcanica su ossatura calcarea quasi sempre carsica). Per tutti vale, come dicevo, l’incognita climatica che con troppo sole, poca pioggia (minimo necessario è 750 mm/anno), gelate primaverili (anche se il castagno potrebbe resistere durante il germoglio), pioggia in periodi sbagliati, forti temporali all’inizio dell’inverno può annientare il lavoro che per mesi viene dedicato alla pianta. Ma della cura del castagneto vi parlerò tra poco.
- Superficie complessiva: 3.000 ha. Di cui quasi la metà nel solo territorio del comune di Montella. Considerate che 9.000 sono gli ettari destinati a castagneto in tutta la provincia di Avelino.
- Comune interessati: 5. Montella, Bagnoli Irpino, Cassano Irpino, Volturara Irpina, Nusco, Montemarano (limitatamente alla contrada “Bolifano”)
- Produzione: 60.000 quintali. Il dato, come vi dicevo è da riferirsi ad una media attendibile fino ai primi anni del 2000. Considerate questo: circa la metà della produzione castanicola nazionale viene dall’Irpinia, che contribuisce (contribuiva) con 100.000 quintali di prodotto a stagione. Più della metà è castagna di Montella, più della metà prodotta esclusivamente a Montella. Significa che circa un quarto dell’intera offerta nazionale di castagne ha origine da queste montagne. O almeno lo era…
- Altitudine: 500 – 1.000 metri sul livello del mare. Solo in questo range la castagna di Montella trova un ambiente favorevole.
- Numero di piante: 80-180 per ettaro. Il numero varia molto in base all’acclività delle superfici (pendenza) e alla costituzione del terreno.
- Composizione: 90% palummina, 10% altre varietà (di cui in larga parte “verdola”).
- Pezzatura: (calibro) medio-piccola (75-90 castagne ogni kilogrammo).
- Resa: 25 kg per pianta, 30 q.li per ettaro.
Se la produzione ad oggi fosse ancora questa, la castagna di Montella IGP frutterebbe ai castanicoltori introiti per un totale tra i 6,5 e i 6 milioni di euro. Una quantità di ricchezza riversata immediatamente nelle tasche delle famiglie. A questi vanno poi aggiunti i ricavi delle varie aziende di commercializzazione e trasformazione. Ma, ripeto, i dati sarebbero da abbattere di circa il 70%.
Fino alla metà degli anni 90 il 50% del prodotto veniva esportato nell’America del nord (soprattutto negli USA), il 25% era inviato in tutto il continente e il restante 25% sul territorio nazionale. Oggi la situazione è decisamente diversa. Alcuni mercati sono stati abbandonati per mancanza di prodotto da destinare, altri si sono da poco affacciati a questi tipi di prodotto (sud est asiatico), altri ancora hanno iniziato ad apprezzare nuovi tipi di trasformazione della castagna (è il caso del mercato Giapponese che richiede farina di castagne in primis). Ma oggi i prodotti a base di castagna di Montella IGP non hanno quasi limiti, ve ne parlerà meglio nel prossimo articolo.
Il castagneto e la raccolta
Per ottenere il frutto c’è bisogno di curare innanzitutto la pianta e il suo ambiente. Vi ho già parlato dell’epoca storica in cui si inizia a coltivare realmente il castagno e di come deve essere composto il terreno, perciò ora vediamo cosa bisogna fare, per tutto l’anno, nel castagneto.
- La raccolta è finita, siamo a Novembre, la pianta ha terminato la sua attività e iniziano a cadere le foglie. L’inverno è nel pieno e le castagne vengono essiccate.
- A Febbraio è possibile fare una prima potatura. Vedremo tra poco che sono di due tipi.
- In primavera, a Marzo, ecco i primi germogli e spuntare le prime foglie. Una gelata in questo periodo sarebbe tollerabile e poco influente sul raccolto.
- In Aprile si effettua la potatura. Questa operazione può essere una sorta di pulizia che prevede il taglio di rami secondari allo scopo di aumentare la produzione. Oppure più radicale per consentire il ringiovanimento della pianta tagliando le fronde più alte (“si capitozza lo castagno”).
- Sul finire di Maggio c’è la fioritura. Si dice in montellese che la pianta “face li maccaruni”. Il fiore del castagno è lungo e arrovigliato da sembrare quasi un fusillone (per chi ha immaginazione). Il fiore è la parte maschile alla base della quale si sviluppa la parte femminile quando il fiore sarà caduto. Nella parte femminile, il riccio, si svilupperà il frutto.
- Quasi contemporaneamente, a Giugno, gli apicoltori spostano le arnie nei castagneti per permettere alle api di raccogliere il nettare della fioritura e produrre il miele di castagno.
- Alla fine di Giugno è possibile iniziare a notare la comparsa dei ricci (“cardi”). In questa fase sono verdi e seguono una “seconda fioritura”. Comunemente si dice “San Giovanniello, cardiciello” poiché il 24 giugno quando la Chiesa ricorda San Giovanni Battista è possibile già vedere i “cardi”. Quasi sicuramente però il proverbio fa riferimento al cardo comune che in questo periodo fiorisce e al quale è associata la credenza di predizione del futuro inverno.
La pianta ora ha bisogno di molto sole e poca acqua, soprattutto non impetuosa. E’ ottima la pioggia in Agosto, anche perché “acqua r’austo: fai vino, castagne e musto”.
- Sempre in Agosto si provvede alla spollonatura (“si spoddra”). Vengono eliminati i polloni alla base del tronco e i rametti che la pinta ha generato (succhioni), che altrimenti riceverebbero nutrimento utile a far sviluppare il frutto. Questi vengono abbandonati a seccare nel castagneto.
- Tra la fine di Agosto e l’inizio di Settembre inizia il lavoro ed il periodo più duro. Bisogna fare la pulizia del sottobosco, “si ronca”, sfalciando anche meccanicamente. Tutto quello che resta viene lasciato essiccare e poi raccolto con la rastrellatura (rastreddrà).
Questa vegetazione spesso viene raggruppata e bruciata. Anche se oggi sarebbe preferibile smaltirla nel rifiuto organico, nel compost o meglio ancora tra “fiori e falci d’erba”. Tuttavia questa è una tecnica molto antica che arriva ad essere anche un metodo di cottura della castagna stessa. Ad ogni modo è facile trovare questi piccoli roghi soprattutto nei castagneti meno scoscesi. In quelli più impervi le rimanenze vegetali della pulizia vengono impiegati per costruire le “ruzzole”. Sono gradoni o rasole costituiti da tronchetti di castagno che fanno da struttura ad un intreccio di polloni. Gli spazi restanti vengono colmati con terriccio e residuo di sottobosco. Ma perché vengono create queste strutture? In principio era l’intento di limitare il rotolare del frutto fino a valle. Oggi si scopre che queste ruzzole, deviando e trattenendo l’acqua piovana, formano sostanza organica, concime ideale per la coltura.
- Ad Ottobre, ovviamente, cadono le castagne. C’è la raccolta che deve avvenire a mano. I “mesaruli” sono gli stipendiati per un solo mese che compiono questo lavoro quando il solo nucleo familiare non può far fronte al raccolto. Il momento più poetico è l’”assuolo” quando il castagneto si presenta come una distesa di castagne. Si crea l’”ando”, una fila di persone, una accanto all’altra, che risale il castagneto con la schiena china e “arrunano”. Le castagne raccolte vengono messe nel “panaro” personale, che sarà rovesciato nella “sacchetta”. La pausa si fa nel “pagliaro”, una sorta di capanna stupendamente ingegnata e caratteristica dell’ambiente, dove in tempi antichi ci si riparava dalla pioggia, dalla neve e ovviamente si trascorreva la notte.
Della sorte del frutto vi parlerò nel prossimo articolo.
L'inno, la valorizzazione e la sagra
Se siete arrivati a leggere fino a qui, è ora di ringraziarvi per l’attenzione con un po’ di musica.
Abbiamo celebrato la castagna quasi come un santo. Nel 1978 i ragazzi di “Radio ‘nanzi corte”, visto il successo della prima sagra della castagna del 1977 a Serino, decisero di fare lo stesso a Montella. Da allora l’evento ha avuto diverse versioni, aspetti e tipi di organizzazione. Oggi la sagra della castagna di Montella IGP è uno degli eventi più attesi, tra la fine di Ottobre e l’inizio di Novembre, in regione e in buona parte del sud Italia. Mi fermo prima di iniziare una guerra fratricida con i cari vicini bagnolesi, della cui sagra trovate un articolo qui su Irpinia World.
Negli anni non sono mancati incontri di alto valore scientifico e di confronto economico sulla questione del prodotto e del marchio. E purtroppo negli ultimi 10 anni su possibili tecniche di sconfitta del cinipide e di una ripresa del settore.
A Montella c’è anche il Mu.Ca.M., il Museo della Castagna di Montella. Una palazzo storico riadibito a museo digitale dove anche lontano dal periodo dedicato alla raccolta è possibile far immergere il visitatore nell’ambiente classico e nelle attività del castagneto. Un percorso, dall’elevato spessore tecnologico, guida in un’esperienza che coinvolge tutti i sensi, uno alla volta, alla scoperta della castagna e del suo valore. Il museo è ora in fase di ristrutturazione.
L’associazione Culturale “Giuseppe Delli Gatti”, grazie al contributo del caro Giovanni Cianciulli, scrisse per la Sagra della Castagna del 2005 l’inno al frutto autunnale che ha reso celebre Montella. Il brano ben precisa cosa significhi la raccolta della castagna per la popolazione montellese. Per lei si lascia tutto, la vita sociale, le amicizie e persino l’amore.
Ecco il testo di “Castagna Monteddrese” (vi ometto la traduzione) e il brano, che potete ascoltare anche sulle principali piattaforme di streaming audio ed aggiungere anche alle storie di Instagram. E’ raccolto del CD “Rind’a no Suonno”.
Rit.: A balani, arrustuta, A lessa o ‘nfornata; Ra tutto lo munno Si stata assaggiata; Ti curano, ti seglieno, Ti fanno re tutto; Tu re Monteddra si, Sembe lo meglio frutto.
Ti portamo sembe ‘ngore, comm’a lo Salevatore, Pè te si lassa tutto: chiazza, amicizia e amore; Re montagne tutt’attuorno, ra li secoli passati, Re te piantate songo ra l’avi nnammorati
Rit.:..
Roppo r’anno ‘nzetati, nfila comm’a li scolari, Castagniti so reventati, e mo so piante secolari; Nna festa ammo ‘nventato, sta castagna doc è, Sto paese è arreotato pè fa onore a te.
Rit.:…
Nel prossimo articolo vi continuerò a raccontare del “frutto dell’albero del pane”. E cioè come viene lavorata, conservata e mangiata la castagna di Montella IGP. Intanto qui su Irpinia World c’è tanto da scoprire sulla nostra terra, tanti articoli non aspettano che essere letti.
Sono Carmine, sono irpino e ne sono orgoglioso. Mi ritengo fortunato ad essere cresciuto a Montella. La mia fortuna è stata la mia famiglia, una famiglia radicata e sicura del proprio retaggio che mi ha trasmesso educazione, valori e rispetto, oltre che a tradizioni e consapevolezza del territorio e delle persone che ne creano la comunità. Negli anni ho potuto viaggiare, scoprire, vedere e visitare il mondo. Toccare le sue culture, ascoltare le lingue e le storie della gente. Ho fatto tesoro di questo, ne ho fatto esperienza e le ho riportate a casa. Sono cresciuto dando il mio contributo in qualunque modo possibile. Nel mio comune mi sono impegnato in ogni modo possibile. Ho partecipato e partecipo a diverse associazioni che vanno dal culturale al recupero del dialetto e del folklore, al teatro vernacolare; il forum dei Giovani; attività, comitati, organizzazioni, progetti, pubblicazioni ed eventi di ogni genere e natura; sono donatore di sangue del Gruppo Fratres all’UDR di Montella; sono guida culturale locale per la ProLoco “Montella Alto-Calore”; sono volontario FAI Giovani della delegazione di Avellino.
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