Devo fare un appunto prima di procedere con lo sviluppo di questo breve articolo: è il primo che scrivo stando proprio a Morra. Fino ad ora ogni testo ha richiesto una non piccola quantità di fantasia, visto che erano mesi dai quali stavo lontano da Morra per le vicissitudini a tutti note. Ci tenevo a condividere con i lettori di queste righe la felicità di chi, finalmente, può descrivere «casa» standoci dentro.
Siamo giunti dunque davanti al Palazzo dei Biondi-Morra dove potremo conoscere non solo la storia di chi fu proprietario del maniero ma anche tante storie collaterali ed altamente interessanti.
Primo giorno - poco dopo l'ora terza: dove si fa l'ingresso nel cortile del palazzo dei principi e si capisce che per saper di storia bisogna avere grande potere d'immaginazione.
Entrare nel «castello» implica una serie di punti da accettare:
1. Non è più un castello (come ho avuto modo di spiegare nei precedenti articoli)
2. Che molte delle sue sale hanno cambiato destinazione d’uso
3. Che si può «guardare» o «vedere»
Su quest’ultimo punto la scelta è assolutamente vostra, personalissima, e insindacabile. C’è infatti il turista che giunto qui vedrà una struttura molto grande, risollevata dai danni del sisma, che accoglie al suo interno delle grandi stanze, con un museo, delle cucine antiche da «selfie» e un fresco costante, che sia d’estate che d’inverno rende gradevole lo stare all’interno della struttura. Non si può criticare chi guarderà solo ciò che è. Effettivamente, senza dover scomodare secoli di filosofia, il senso che più viene attivato durante questa vostra camminata è proprio quello della vista, e ciò che gli occhi trasmettono al vostro cervello è questo: un grande palazzo, con molti stucchi, qualche sedia di plastica la quale stona un po’ con il resto dell’architettura e tutto ciò che ho elencato prima.
Nulla da eccepire. Ripeto: è ciò che è.
Ma, come dicevo, si può «guardare» o «vedere».
Chi sceglie questa seconda opzione si troverà ad affrontare un salto temporale da lasciare un vuoto nello stomaco. Infatti, la prima cosa che noterete è il grande stemma all’ingresso, tra le due torri. Qui è racchiusa la storia della famiglia Morra, che non ho intensione di ripercorrere per filo e per segno, per chi volesse scoprirla consiglio la lettura che si aprirà cliccando qui.
Facendo breve questo lungo viaggio, l’osservatore più attento noterà che nello stemma di famiglia sono presenti delle spade incrociate, questo fa risalire le origini ad un antenato guerriero, forse proprio quel «Morras» citato da Procopio di Cesarea fu il capostipite della famiglia che fu imparentata con i Sanseverino. Sempre nel sigillo posto come chiave di volta all’ingresso, c’è la tiara papale, in ricordo soprattutto di Gregorio VIII, al secolo Alberto Morra, papa dal 25 ottobre 1187 fino alla sua morte, sopraggiunta il 17 dicembre dello stesso anno. Papato breve, si potrebbe dire, ma sicuramente di grande importanza. Gregorio, infatti, durante il suo pontificato, cercò di riappacificare Pisa con Genova, per coalizzarle nella guerra contro i musulmani, e di riallacciare i rapporti tra Federico Barbarossa e la Chiesa, per farlo diventare il perno della lotta contro gli «infedeli» (era il periodo sia delle crociate sia dello scontro tra il potere imperiale che quello papale). In poche parole: breve ma intenso.
C’è un’altra cosa che si può notare e che sicuramente non sfuggirà all’osservatore più attento: la stratigrafia odierna degli alzati del palazzo. Questa fa capire quale sia la parte crollata nell’ultimo sisma, perché ristrutturata con un legante cementizio nettamente più chiaro rispetto alla parte più antica e rimasta in piedi dopo l’ultimo grande terremoto, dal colore molto più scuro. Anche le dimensioni della struttura fanno dedurre come, in passato, l’importanza sia strategica del luogo, sia della famiglia Morra, fosse davvero grande.
Ciò si potrà «vedere» solo se si è abbastanza attenti e non distratti solo da ciò che si può «guardare».
Dopo la visione esterna si può procedere al vero e proprio ingresso all’interno del «castello» ed anche qui ci si può dividere nei due gruppi sopracitati.
Chi «guarderà» potrà vedere un ampio cortile in pietra bianca e difronte la porta d’ingresso per entrare nelle stanze del palazzo. Oltre a questo potrà vedere una cisterna e un abbeveratoio, usato probabilmente per i cavalli, e una strana pietra dalla forma trapezoidale, sulla sinistra rispetto all’ingresso.
Chi, invece, vorrà «vedere», potrà notare le stesse cose, ma dandogli una connotazione e una storia diversa. Prima di tutto si vedrà vero il portone d’ingresso, il quale ha una data sopra: 1695. Un altro dettaglio però è evidente: una grande spaccatura, una crepa, che ricorda come non solo il sisma del 1980 ha distrutto questi luoghi, poi ricostruiti più volte. Osservando, infatti, si nota come la struttura abbia cambiato nel tempo la sua destinazione d’uso ed a proposito di questi cambiamenti, chi guarderà con cura l’abbeveratoio si renderà conto che quello, in antichità, era un sarcofago, una tomba in pietra riutilizzata per altri scopi e proveniente, visto dimensioni e peso, da non lontano, forse dalla zona adiacente la chiesa Madre. Guardando la cisterna, poi, si potrà ragionare sul perché sia presente. Morra, come ho avuto modo di spiegare, sorge su un ammasso di rocce sedimentarie chiamate «conglomerato», di origine pliocenica. Questo tipo di rocce ha influenzato in maniera determinante lo sviluppo urbanistico del paese ed ogni palazzo si è dovuto munire di cisterne di raccolta delle acque visto che, questo tipo di sedimento, non è impermeabile e quindi lascia sfuggire l’acqua all’interno dei suoi meandri, per poi farla risalire in superficie più a valle dove, infatti, sono presenti svariate fontane, usate fino a qualche decennio fa per l’approvvigionamento idrico dai morresi. Ogni palazzo che «visiteremo» in questo giro virtuale avrà al suo interno una cisterna. Questo ci fa capire come per comprendere la storia di un luogo bisogna guardare anche la natura di quel luogo perché se è vero che l’uomo ha influenze sull’ambiente, anche l’ambiente influenza in maniera determinante le scelte dell’essere umano.
Tornando all’osservazione del cortile, un altro dato da annotare è quello riguardante la strana pietra trapezoidale. Osservandola attentamente si può capire come questa pietra non faccia assolutamente parte della storia di questo luogo. Infatti questo reperto è stato trasportato qui da un’altra zona. Il ritrovamento fu fatto a valle, verso l’antica zona del «feudo». È un cippo miliare o, comunque, un piccolo monumento che doveva ricordare un qualcosa. La scritta è stata totalmente corrosa dall’azione degli agenti atmosferici ma si può ancora notare come, sulla sommità, ci sia un sole, facendo capire come questo reperto faccia riferimento a probabili culti solari. La sua datazione si aggira tra il I e il III secolo dopo Cristo. Siamo davanti, quindi, ad un reperto di epoca romana.
Un qualcosa che si noterà difficilmente se non guidati da qualcuno, invece, è il fatto che, nella sua versione precedente l’ultimo restauro, il cortile non era coperto di pietre ma era bensì un giardino.
Come abbiamo potuto notare solo facendo «due passi» all’ingresso del castello, si può affrontare la storia di un luogo in maniera diversa: una superficiale, veloce, che può regalare ugualmente delle emozioni ma che sicuramente non può far dire di conoscere un luogo. Un’altra, invece, più lenta, attenta al dettaglio e non necessariamente fatta da esperti, la quale ci può far notare particolari che cambiano radicalmente anche un intero processo storico o che vanno ad aggiungere o, come nel caso della stele, ad eliminare dei punti che non fanno parte del contesto e che si trovano lì al seguito di restauri o scelte di origine diversa. In sostanza l’ingresso nel Palazzo dei Biondi-Morra ci impone di capire, se vogliamo realmente conoscerlo, chi siamo, di rallentare il nostro ritmo, di farci guidare più che dalle parole delle guide, dalla forza della nostra immaginazione e dallo sguardo che la nostra mente potrà farci sviluppare, facendoci «vedere» anche interi pezzi di storia che non sono più presenti. Lo diceva anche Saint-Exupéry nel suo libro più famoso: «l’essenziale è invisibile agli occhi».
Per ora ci fermiamo qui, nel cortile del Palazzo dei Biondi-Morra, a «vedere» meglio ciò che ci circonda, in attesa che la porta d’ingresso si apra per farci entrare tra le stanze del fu castello.
Alla prossima…
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