Le janare, figure magiche e al contempo misteriose e affascinanti; donne che nel cuore della notte spiccavano il volo alla volta del noce di Benevento…
Le sacerdotesse di Diana
Sono i racconti narrati dalle nonne ai piccoli nipoti davanti al camino; figure oscure che sorvolavano i cieli del monte e da lì volavano verso quella che un tempo fu chiamata Maleventum; donne dai poteri soprannaturali il cui nome riecheggia ancora oggi per i vicoli del paese: le janare di Montecalvo. Sacerdotesse della dea Diana (da cui il termine “dianara” evolutosi poi in janara), compivano secondo gli antichi romani, riti propiziatori per i raccolti volando sugli stessi e spargendo il seme dell’abbondanza nel giorno in cui oggi si festeggia l’Epifania. Un documento di fine 1600 lascia presupporre che in Montecalvo vi fosse un sito dedicato al culto della dea pagana e l’ipotesi stessa è rappresentata su un riquadro del murale chiamato “Storia e mito” all’ingresso del paese.
Verso il noce di Benevento
Il mito delle janare si lega in modo inscindibile al loro volare, nell’oscurità delle tenebre, verso il noce di Benevento. “Sotto l’acqua e sotto il vento, sotto al noce di Benevento” era parte della formula che permetteva loro di spiccare il volo, dopo essersi spalmato il corpo col magico unguento, per giungere al luogo del sabba.
Su dove fosse ubicato l’albero sono state formulate varie ipotesi, sempre però collegate al corso del fiume Sabato. L’origine del mito invece, secondo cui le janare danzavano attorno al noce, si ricollega ai Longobardi e a una sorta di giostra in cui cavalcando seduti al contrario, dovevano infilzare con le loro lance una pelle di capra appesa ai rami dell’albero.
Montecalvo e l’Occhio del Diavolo
Secondo i racconti popolari ancora molto in voga tra gli anziani del posto, queste donne erano perfettamente inserite in società ed erano ottime conoscitrici delle proprietà curative (e in qualche caso allucinogene) delle erbe. Un particolare interessante che ha di certo alimentato la leggenda delle janare montecalvesi, fu l’abitudine delle donne del posto di tingersi i capelli con il mallo di noce nonché la presenza in un vallone del cosiddetto “Occhio del Diavolo”. Si tratta di un’apertura di forma circolare in una parete rocciosa situata in un posto impervio e da cui fino a qualche anno fa, sgorgava un’acqua dal colore rossastro. Ricca di ferro, questa veniva fatta bere alle persone anemiche e ai bimbi gracili; era un ottimo ricostituente naturale che le cosiddette streghe locali facevano passare per opera loro conquistando la complicità e la riconoscenza delle altre donne.
Ad oggi purtroppo tale fenomeno non è più visibile a causa di una frana che ha deviato il corso d’acqua, ma sulla parete rocciosa una grande macchia scarlatta riporta alla mente antiche storie. “L’Occhio” si trova sul percorso del “Trekking pompiliano”, un tracciato che dal centro storico conduce ai ruderi di quella che fu la chiesa dell’Abbondanza; l’escursione viene organizzata due volte l’anno in occasione delle date di nascita e di morte di san Pompilio M. Pirrotti (15 luglio – 29 settembre).
Antiche storie
Tra i rimedi noti per tenere queste donne lontane dalle proprie case, sicuramente vi sarà già nota l’usanza di spargere del sale davanti all’uscio o in alternativa di porvi una scopa di saggina; rimedio tipicamente montecalvese era di mettervi un cagnolino morto. Papa Orsini legato alla famiglia Pignatelli, durante il periodo dell’arcivescovato beneventano fu spesso a Montecalvo e venuto a conoscenza della macabra usanza, emise un divieto a tale uso.
Potrei narrarvi del marito sospettoso che sostituì l’unguento magico con la sugna e trovò la moglie morta in strada il mattino seguente oppure delle Janare che dopo aver addormentato la sposa la prima notte di nozze, sfiancavano i malcapitati mariti che non potevano consumare il matrimonio; potrei svelarvi che nel caso vi capitasse dal pane privo di sale, questo potrebbe essere il segno rivelatore della natura malefica della donna che l’ha preparato o del trucco per catturarle afferrando le lunghe chiome e pronunciando le parole giuste. Purtroppo però il nostro appuntamento è giunto al termine e ho giusto il tempo di mettere una scopa davanti alla porta di casa. Alla prossima!
Blogger Montecalvo Irpino. Giro l’Irpinia in lungo e largo da molti anni ormai: sono innamorato dei piccoli paesi, del loro silenzio. Cerco di catturarne i più intimi segreti nelle mie foto, ne scrivo sempre volentieri dopo averli visitati, vi faccio ritorno quando ne ho la possibilità in compagnia di me stesso o di persone che condividono la mia stessa visione. Sono convinto che i nostri paesi abbiano bisogno di qualcuno che si rechi da loro di tanto in tanto, come se si andasse a fare visita ad un anziano parente. Chi mi conosce mi chiama fotografo, artista, scrittore, poeta: in realtà sono solo uno dei tanti signor Nessuno che crede in questa terra e che da questa terra trae continua ispirazione. Buon viaggio in Irpinia.
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