Dicono che le tradizioni sono gli spazi più chiari e conciliari che si possano trovare nel mondo. Chi è di Villamaina come me può ammetterlo con fermezza; le tradizioni ci stringono tutti più vicino, ci rendono tutti partecipi di un qualcosa, di un amore e una fede comune. Quando si festeggiano le tradizioni è un po’ come Natale, “si è tutti più buoni”;
San Giovanni e Paolo è una di quelle tradizioni villamainesi di cui non puoi far altro che innamorartene. Ricade l’ultimo sabato di maggio e consiste nel pellegrinaggio alla Chiesa dei Santi Giovanni e Paolo, situata nel bosco di Girifalco, nel territorio di Torella dei Lombardi. Una giornata che parte dalle prime luci dell’alba, per finire con il calare del sole che mette a contatto tutta la comunità.
Storia:
La tradizione nasce da due cacciatori villamainesi che furono sperduti in questo bosco; al massimo della disperazione trovarono due giovani che li scortarono fino alla chiesa di Costantinopoli(a porta vecchia) di Villamaina. I due giovani, secondo leggenda, si presentarono come i santi Giovanni e Paolo(due fratelli martirizzati nel 300 d.C.) e da allora, per riconoscenza dell’aiuto dei due Santi, gli abitanti di villamaina effettuano annualmente un pellegrinaggio fino alla chiesetta di Girifalco.
La tradizione di un bambino:
Ricordo quando ero bambino e quella sveglia che suonava presto, per me, era la più bella da ascoltare, una sveglia aspettata con tanta ansia, tanto da non farmi nemmeno dormire la notte; Al risveglio ricordo ancora i primi odori, odori di natura, di polline, di fieno che entravano dalla finestra e splendevano l’ultimo sabato di maggio. Ricordo l’accurato adempimento dello zaino(pronto a qualsiasi evenienza per il viaggio: fame, sete e addirittura a cure mediche) da parte di mia madre; vedevo in lei lo stesso entusiasmo che avevo io e questo mi caricava ancora di più, perché la gioia, l’entusiasmo e la leggerezza di un fanciullo nelle persone più grandi un bambino lo sente e lo percepisce e, forse, proprio per questo, porto questa tradizione nel cuore come la più carica di emozione, di genuinità e di sentimento.
Dopo il risveglio e il raduno in piazza partiva la processione e il faticoso pellegrinaggio; ricordo i canti liturgici cantanti con tanta passione e con voce stridula dalle anziane del paese misti con quella possente degli uomini. Dopo la fatica del pellegrinaggio arrivava la parte più bella della giornata( dopo la consueta messa che si teneva subito all’arrivo); si pranzava, ognuno con le proprie famiglie, tutti insieme nel bosco; l’aria era armoniosa, tutta la popolazione era raggruppata sotto un’unica fede. Si respirava pace, fratellanza, amore e condivisione; dopo aver consumato il pranzo partiva la vera festa(anche per colpa del vino bevuto a tavola); una chitarra, una fisarmonica e un tamburello e subito tutta la popolazione si accerchiava stretta e partivano canti; bambini, giovani, mamme, padri, anziani, tutte le voci mescolate in un’unica voce melodica, in un atto possente di aggregazione;
Purtroppo le cose belle durano pochi istanti e passano troppo in fretta; mentre le voci continuavano ad echeggiare nel bosco(insieme alla taniche di vino) e mentre noi bambini eravamo liberi e felici nel giocare a calcio o a altri giochi, immersi in questa cornice quasi romanzesca, si sentivano il suono delle campane che decretavano la fine della giornata e la ripartenza verso Villamaina. Era la parte più brutta della giornata e tutti, un po’ stanchi e sconsolati, si rimettevano in fila nella processione con una faccia più triste rispetto quella mattutina, perché tutti erano consapevoli che si doveva aspettare un altro anno per rivivere quel giorno.
Il tempo è passato e non sono più un bambino; mamma continua ad avere lo stesso entusiasmo e il tempo sembra essersi fermato a quel giorno, tutto sembra essere identico; mi rendo conto che più passa il tempo e più bisogna tenersi stretti quei momenti puri di vera gioia e felicità, perché nella vita tutto può cambiare in un secondo e l’immagine di mia madre entusiasta alle prime luci del sole voglio custodirla e tenermela stretta, con lo stesso spirito, anno dopo anno.
Un articolo di Nicola Capobianco
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