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Flumeri: uno sguardo tra passato e presente

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Flumeri si trova sul dorso di un’incantevole collina a 638 m. sul livello del mare, circondata da due fiumi: l’Ufita e Fiumarella, che in passato venivano chiamati rispettivamente Lavella e Bufata.

L’origine del nome del paese è incerta gli storici hanno proposto diverse ipotesi:
L’ipotesi più accreditata ritiene che il nome deriva dal latino “Fluminibus”, essendo terra circondata da due fiumi. Un’altra ipotesi (minoritaria) sostiene che Flumeri sia l’antica “Cimitera”, citata da Tito Livio, tra le città dell’antico Sannio. Secondo un’altra ipotesi più letteraria, il nome deriva dall’abbondanza di cereali e grano e quindi dalla parola “frumentum”. 

P. Paolo Falcone scrive nella sua opera:
«le armi del Paese non presentavano altro stemma che un fascio di spighe e di grano elevato al dorso di una collina vagamente germogliante, circondata da due fiumi le cui acque d’intorno fluiscono».

A sostegno di questi tesi è la configurazione dello stemma civico che presenta tre spighe di grano, sopra una fertile collina.

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Infine un’ultima ipotesi sostiene che il nome del borgo deriva dalla nobilissima famiglia normanna di Formia che furono signori di Flumeri e Trevico. Nel 1986 a seguito dei lavori di scavo effettuati per l’impianto di un metanodotto, furono scoperti in località Fioccaglie (o Chioccaglie) resti di una antica città romana, fino allora la sua presenza era sconosciuta nel territorio, anche se da sempre reperti antichi erano stati rinvenuti dagli abitanti del luogo.

La città era sprovvista di mura difensiva, si estendeva per circa 12 ettari, il territorio si prestava all’agricoltura e alla pastorizia, anche grazie alla presenza, nella zona, di tratturi sanniti, e di numerosi corsi d’acqua. La fondazione della città è da attribuire nel periodo compreso fra il II secolo a. C. e gli inizi del secolo I a. C. fu distrutta da un incendio durante la guerra sociale (intorno al 90-99 a. C) ad opera di Silla, e poi subito abbandonata.

Probabile che il piccolo centro urbano di Fioccaglie rientrava nella politica di assegnazione delle terre voluta dal Tribuno Gracco nel II a. C., «l’ipotesi è sopportata dalla scoperta di numerosi ceppi terminali graccani del 130-139 a. C.; l’abitato è da considerarsi non una colonia, ma un forum, entità politica amministrativa che assicurava ai coloni romani lotti di terreno, e dotato di potere decisionale riguardo al censo e la leva ».

Molte sono le testimonianze archeologiche come: un sistema fognario, assi stradali ortogonali lastricati in pietra, le botteghe artigiane, fabbricati, una domus pubblica con decorazioni pompeiane ed una casa con un’ atrio centrale, inoltre sono stati ritrovati resti di colonne, vasi in terracotta, e altri elementi decorativi.

Sicuramente il borgo fu inglobato nel territorio c.d. Longobardia Minor, ai Longobardi si sostituirono i Normanni, fu allora che fu costruito il complesso feudale di Vico e Flumeri. I primi signori di Flumeri appartenevano alla nobile famiglia normanna de’Ollia detta Formia. Riccardo II de’Ollia, trasferì il capoluogo del suo feudo proprio a Flumeri, dopo che Guglielmo, duca di puglia, devastò l’intero feudo e distrusse Trevico, per vendicare la morte di Riccardo I, avvenuta in seguito ad una feroce ribellione da parte dei suoi stessi vassalli. Così a Flumeri sorse il castello normanno, esso era munito da mura con due porte, una porta a est e detta della «Vittoria», e l’altra a Nord, chiamata porta «Santa Maria». Intorno al castello si sviluppò un borgo abitato da artigiani, contadini in cerca di protezione, secondo lo schema classico del Medioevo, fu un periodo di splendore per il paese irpino.

Accanto al castello sorgeva un Convento francescano, che la leggenda vuole che sia stato fondato dallo stesso poverello d’Assisi. Oggi nella chiesa di S. Maria Assunta si conserva una tavola di marmo con l’immagine dell’Ecce Homo, circondato dalle Armi e dalle insigne del vescovo di Lacedonia Nicola Rubino.

Dopo i normanni vennero gli svevi, in un secondo momento gli angioini. Le successive lotte tra aragonesi e angioini trovarono Flumeri totalmente coinvolto. Nel 1261, infatti, fu cinta d’assedio dagli aragonesi, e le sue mura furono bombardate.

In seguito alla ribellione del nobile napoletano di Pirro Del Balzo diversi feudi in suo possesso tra cui anche Flumeri, tornarono sotto il possesso della Regia Corte, il re lo donò al principe Federico d’Aragona. Federico d’Aragona nel 1479 fece realizzare in località Doganelle, su una piccola altura, un complesso noto come “Dogana aragonese” o anche “Palazzo della Bufata“, testimoniato dallo stemma araldico presente sul lato est della struttura, che presenta un perimetro di circa 200 metri. In principio fu adibita a residenza di caccia dei regnanti napoletani, quando andavano a caccia nella vicina valle della Bufata (donde il nome alternativo della struttura). Successivamente, svolse la funzione di dogana delle pecore, luogo di sosta obbligatoria durante la transumanza dalla Campania all’Abruzzo verso la Puglia e viceversa. Oggi la dogana è stata restaurata, si presenta con delle poderose mura, e quattro torri.

Nel 1507, Ferdinando Il Cattolico diede il paese in Feudo a Consalvo di Cordoba, il Gran Capitano delle armate spagnole, per ricompensarlo della conquista del Regno di Napoli. A questi succedettero i D’Aquino, Marchesi di Corato, i Carafa ed i De Cardines, Marchesi di Laino, che nel 1624 lo vendettero a Giovanbattista De Ponte, il cui figlio Trifone si fregiò del Titolo di Duca di Flumeri. Il feudo passò successivamente ai Cavaniglia, Marchesi di San Marco ed infine ai Caracciolo di San Vito . Tra le drammatiche avversità che la natura ha scatenato nel corso del tempo su Flumeri, vanno ricordati i numerosi terremoti, tra cui spicca quello drammatico del 1694, che distrusse più di 100 case,e la terribile pestilenza del 1656, a causa della quale i suoi abitanti da 750 si ridussero a poco meno di 300. Particolarmente duro fu il secolo XVIII secolo, segnato da varie calamità naturali, che colpirono tutti i Comuni della Baronia.

Nel 1873, in seguito ad un conflitto armato coi Carabinieri, nel suo territorio fu sconfitta ed annientata la banda del brigante Manzi. Flumeri diede i natali ad Antonio Melchiorri, famoso per i suoi lavori di orologeria, e Gaetano Olivieri, letterato e patriota morto nel 1799 per la causa della libertà.

Oggi è un piccolo comune di 3.290 abitanti della provincia di Avellino.
Jey Leno (noto conduttore e comico statunitense) nasce a New Rochelle, nello stato di New York, da madre scozzese, Catherine Muir, e da padre statunitense, Angelo Leno, nato a New York da una coppia di immigrati italiani originari di Flumeri. Il reale cognome di Leno è Lena evidentemente nella trascrizione è stata confusa la a con la o.

Nel periodo estivo, per circa un mese, a partire dalla prima metà di luglio, è possibile ammirare la faticosa gestazione dell’offerta di grano compiuta su base volontaria dal popolo flumerese. Gli storici ritengono: «che risale alla notte dei tempi la tradizione del carro chiamato Giglio, un obelisco di grano e di paglia dedicato alla Madre Terra o alla dea Cerere, è stato assimilato, come tanti altri riti pagani, nella tradizione cristiana che l’ha legato al culto del santo patrono». Il Giglio, costruito in posizione supina, l’8 agosto viene alzato con la sola forza delle braccia, caratteristica unica nel suo genere. Poi, il 15 agosto viene tirato fino al centro del paese e collocato nei pressi della chiesa di San Rocco.

Il 16 agosto è il momento più solenne; nel pomeriggio la statua di San Rocco ricoperta d’oro, esce in Processione e viene portata fino al Giglio, incontro che simboleggia la dedizione dei fedeli per il Santo, ed è un momento di grande emozione per tutti i Flumeresi.

Purtroppo l’emergenza sanitaria Covid 19 impedirà in quest’estate, lo svolgimento dei tradizionali carri di grano, e niente feste di piazza in tutti i comuni irpini. A Flumeri è stata esposta la cupola del grande obelisco di grano, e un piccolo giglio in miniatura.

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Autore Giuseppe Ciriello

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