In questo luogo già siamo stati. Su questa montagna vi ho accompagnato per “visitare” il castello (potete leggere l’articolo cliccando qui), e in quella occasione vi avevo promesso di raccontarvi del monastero e della chiesa. Appunto, oggi, vi parlerò del convento, della sua fondazione travagliata, della sua continua storia ed edificazione interrotta. Storia che è possibile ricostruire quasi esclusivamente tramite documenti ufficiali; documenti che ad inizio 2020, finalmente, hanno permesso di confermare la proprietà nell’Arciconfraternita del Santissimo Sacramento.
Di questo sodalizio vi ho raccontato nell’articolo sulle confraternite e di come avesse istituito il monte di pietà e gli fosse stata affidata la piccola chiesa di Santa Maria del Monte. Da qui inizia la storia del convento, con un atto del 20 gennaio 1554.
origine del monastero del monte
Il canonico Domenico Ciociola, primo storico montellese, ci conferma che in quel 1554 si avviarono i lavori di ricostruzione ed ampliamento della chiesa di Santa Maria del Monte e l’edificazione di un vicino romitorio. Gli ambienti destinati al clero erano probabilmente pochi e di scarsa metratura, comunicanti con la chiesa ed identificabili con quelle che divennero poi le stalle e i locali “di servizio” del piano terra dell’attuale convento. Considerate una cipolla. Strato su strato. Allo stesso modo questo convento, come la quasi totalità di questo genere di strutture, si ingrandirà e modificherà il layout degli ambienti a seconda degli ospiti e delle loro necessità.
Il 17 marzo 1597 si vendette il feudo di Bagnoli e in allegato all’atto vi era una sorta di inventario. Il documento contemplava, erroneamente, anche la chiesa di Santa Maria “…dove assistono circa sei frati dell’ordine di San Francesco d’Assisi, riformati, …”. Si tratta dell’Ordine dei Minimi Conventuali scalzi, che già nel 1586 abitavano il luogo che il Ciociola definiva come “meschinissimo convento”. Probabilmente per la condizione della sistemazione, il 2 maggio del 1604 un nuovo ordine arrivò al Monte, quello dei Frati Minori Riformati. Con l’atto di affidamento del convento all’ordine, il monte di pietà si impegnava ad elargire una somma per la creazione della biblioteca e ovviamente al sostentamento della comunità di dodici frati. I frati avrebbero svolto opere di assistenza e di pietà. Sempre in questo anno iniziò una nuova opera di ingrandimento e adeguamento della struttura. Migliorati gli ambienti e i servizi, crebbe la comunità. Aumentati i frati a venti si aprì una controversia con l’amministrazione del monte di pietà che doveva “occuparsi” di 12 persone e non venti. La pace fu portata dal vescovo di Nusco e si decise in una cifra forfettaria annua di 289 lire che doveva comprendere anche l’obolo per la celebrazione di un determinato numero di messe. I francescani furono anche obbligati, nei giorni 25 aprile e 5 agosto, ad ospitare alla propria mensa il clero della Collegiata che raggiungeva il Monte in processione. Ora, i montellesi riconosceranno il 5 agosto come la festa della Madonna della neve, ma il 25 aprile ricorre San Marco. Di fatto in questo luogo erano in servizio 5 chiese e di queste solo due al 1554 erano ancora riconoscibili e in uso, oltre Santa Maria del Monte, San Marco. Queste processioni erano percorse su una mulattiera a tratti ancora visibile, non coincidente affatto con l’attuale strada. Questa fu dotata anche di cappelle, quattordici piccole, per la via crucis. Un comitato di montellesi si sta operando per ripristinare questo sentiero e cammino di fede, ma ve ne parlerò a cose compiute.
l'apice e la decadenza
Il 3 gennaio 1642, con un atto, il feudatario di Montella donava due tomoli e mezzo di terra, alle spalle del convento, che divennero l’orto dei frati. Fino a tutto il XVIII secolo non terminerà mai l’opera di abbellimento, ammodernamento e ingrandimento della struttura. Come anche della chiesa. Mobilio, decori e tantissimi libri arrivarono sul Monte. Un atteggiamento e una veste settecentesca che oggi è facilmente riconoscibile, ma che salta all’occhio del visitatore stupito nel contemplare la vita di Sant’Antonio di Padova negli affreschi delle lunette del chiostro.
Nel 1732 ci sarà un terremoto, che avrà gravi effetti dovunque, ma soprattutto sulla chiesa dell’Annunciata a Folloni (attuale San Francesco), ma anche di questo vi parlerò in un altro articolo.
A causa delle leggi eversive del 1806 furono soppressi per circa venti anni gli ordini monastici. La sorte dell’abbandono toccò entrambi i conventi francescani di Montella. A Folloni i monaci tornarono stabilmente, mentre sul Monte restarono pochi anni, dalla fine dell’ottocento fino al 1921. L’immobile non era più nelle condizioni di ospitarli.
Il 23 novembre 1980 si danneggiarono anche le strutture del complesso monumentale del Monte, ma negli anni successivi ci si adoperò non poco per ripristinare lo stato dei luoghi, con un progetto impegnativo e lungimirante. Il professor Marcello Rotili con la Soprintendenza stesero un’idea per un centro di studio e laboratorio di restauro delle opere d’arte irpine. All’epoca era necessario ripristinare statue, paramenti, pale d’altari e quanto rovinato dal sisma, ma di fatti questo laboratorio fu istituito a San Francesco a Folloni dove le opere furono conservate nei luoghi che divennero poi il museo. Il monastero del Monte doveva ospitare anche centri di formazione, una biblioteca, sale conferenze, spazi per mostre, uffici e persino una foresteria. I lavori furono compiuti, ma lo scopo non fu raggiunto.
All’inizio del 2020, come dicevo, un nuovo traguardo è stato raggiunto dall’Arciconfraternita del Santissimo Sacramento che, finalmente, è stata confermata proprietaria del luogo dopo anni di battaglie legali.
Un nuovo capitolo inizia ora per questo monastero dalla storia e dall’evoluzione infinita.
La struttura del monastero del Monte
Come vi dicevo il convento è cresciuto e si è modificato a seconda delle necessità. Come si mostra oggi è nell’assetto che i frati gli avevano dato nel suo splendore. Si accede da un ingresso a sinistra della chiesa, ad un livello inferiore. A questo piano troviamo locali di servizio come stalle, depositi, lavanderia e conceria, gli accessi all’esterno sul giardino e il pergolato e persino il “gratale” (l’essiccatoio per le castagne di cui ho parlato in questo articolo).
Non poteva mancare il chiostro, cuore di ogni convento, uno spazio di tredici metri per lato con dodici colonne che reggono altrettanti archi a tutto sesto. E’ qui che troviamo i meravigliosi affreschi attribuiti a Michele Ricciardi sulla Vita di Sant’Antonio. Sul chiostro affacciano diversi ambienti tra cui la cucina e il forno a legna. Su questo livello anche il meraviglioso refettorio dove si conserva il basamento che reggeva il lungo tavolo dei francescani. In fondo un affresco della crocifissione e tanti particolari, artistici ed architettonici, che vi invito ad osservare in una visita di persona. Una scala ripida conduce al piano superiore dove il primo ambiente che incontriamo è la biblioteca. Qui anche le celle e i servizi in comune.
Ci sarebbe ancora tanto da dire e descrivere di questo luogo, ma non voglio rovinarvi l’emozione di viverlo.
Vi lascio però, oltre al video precedente degli amici Escursionisti Irpini, due raccolte di foto, una del caro Carlo Fierro di FotograFierro
e un’altra. Il monastero è anche candidato come luogo del cuore FAI, qui la scheda.
Sono Carmine, sono irpino e ne sono orgoglioso. Mi ritengo fortunato ad essere cresciuto a Montella. La mia fortuna è stata la mia famiglia, una famiglia radicata e sicura del proprio retaggio che mi ha trasmesso educazione, valori e rispetto, oltre che a tradizioni e consapevolezza del territorio e delle persone che ne creano la comunità. Negli anni ho potuto viaggiare, scoprire, vedere e visitare il mondo. Toccare le sue culture, ascoltare le lingue e le storie della gente. Ho fatto tesoro di questo, ne ho fatto esperienza e le ho riportate a casa. Sono cresciuto dando il mio contributo in qualunque modo possibile. Nel mio comune mi sono impegnato in ogni modo possibile. Ho partecipato e partecipo a diverse associazioni che vanno dal culturale al recupero del dialetto e del folklore, al teatro vernacolare; il forum dei Giovani; attività, comitati, organizzazioni, progetti, pubblicazioni ed eventi di ogni genere e natura; sono donatore di sangue del Gruppo Fratres all’UDR di Montella; sono guida culturale locale per la ProLoco “Montella Alto-Calore”; sono volontario FAI Giovani della delegazione di Avellino.
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