Nell’ultimo articolo (che potete leggere cliccando qui) vi ho parlato della Castagna di Montella IGP e vi ho raccontato come si ottiene. Non abbiamo ancora detto, però, cosa succede alla castagna dopo raccolta. Quindi come conservare, come trattare, come cuocere le castagne di Montella IGP. E oggi parleremo di questo, antiche e moderne tecniche di lavorazione e cottura della nostra palummina.
Cosa succede dopo la raccolta
Siamo nel castagneto, i “panari” (in foto) pieni di castagne sono stati svuotati nei sacchi. Il conferimento in azienda, l’inizio dei cicli di trattamento o conservazione, anche domestici e tradizionale, nonché il consumo, devono avvenire il prima possibile. La castagna lasciata a terra nel castagneto o in un ambiente freddo e umido può far sviluppare muffe. Allo stesso modo l’esposizione al caldo e al sole fanno asciugare e seccare la polpa, la castagna diventerà così difficile da pelare e perderà di prestigio. Una parte di frutto è stata sicuramente già consumata nel castagneto durante le fredde e dure giornate di raccolta, ma la maggior parte del prodotto arriva in paese. Oggi la quasi totalità della produzione è affidata alle aziende agricole di trasformazione, ma una percentuale che non è stata ancora commercializzata o consumata fresca viene trattata anche a livello domestico.
La prima cosa da fare ora è scegliere le castagne. Selezionare e separare quelle buone da quelle che sono palesemente cattive, marce o sono state attaccate da animali e insetti. Castagne che per caso non sono state abbandonate nel castagneto durante la raccolta.
Le castagne sono ora avviate ai processi che ne consentono la conservazione. I due metodi storici e classici sono l’essiccatura e la “curatura” in acqua. Ma prima c’è bisogno di “calibrarle”, dividerle cioè per grandezza e pezzatura in modo da avere processi di lavorazione omogenei.
Essiccatura
L’essiccatura avviene nei “gratali” (essiccatoi). Il termine deriva da grate, che è proprio la base della struttura dell’essiccatoio. Immaginate due ambienti, uno sopra l’altro, separati da un graticcio. Al livello superiore sono disposte le castagne, in quello inferiore brucia il legno (ovviamente di castagno) per creare fumo e calore che, attraversando le grate, essiccheranno il frutto.
In passato questo processo avveniva nella case, che erano create in questo modo proprio per permettere questo processo. Sopra l’ambiente destinato a cucina c’era il gratale. Il fuoco viene alimentato costantemente, giorno e notte, e al piano superiore le castagne sono delicatamente e sapientemente rivoltate con una pala di legno. Il processo può durare anche due settimane. I tempi sono dettati dalla natura, in base alle condizioni e alla grandezza del frutto.
Le castagne essiccate vengono destinate ad altri processi. Possono diventare castagne del prete, castagne bianche, “frisuli” (resti di castagne secche bianche da usare per le zuppe). Queste castagne secche e “battute” (in passato per sgusciare le castagne secche si usava metterle in dei sacchi e sbatterli) vengono lavorate per ottenere la farina o anche altri prodotti. Possono ad esempio essere reidratate o cotte al vapore. In passato venivano che fatte delle “collane” di castagne, ve ne parlerò tra poco.
"Curatura" in acqua
Le castagne vengono immerse in tinozze piene di acqua fredda. Qui restano in media otto giorni. In base alla qualità del frutto, alla grandezza e allo stato (sporco, umido, ecc…) si decide se modificare la durata del trattamento e se cambiare l’acqua a metà del processo per intero o solo per una parte.
Le castagne vengono poi sparse a terra ad asciugare e anche in questo caso rivoltate costantemente, sapientemente e delicatamente. L’aspetto della buccia esterna indicherà lo stato di asciugatura.
Queste castagne così trattate possono essere conservate in casa ancora per un po’ di tempo, consumate immediatamente oppure, in passato, venivano riposte sotto la sabbia di fiume (non di cava) e in alcuni casi sotto la terra dei castagneti (sempre in casa) per allungare i tempi di conservazione.
Potete anche provare a congelare le castagne, ma, se proprio dovete, fatelo una volta tolta la buccia esterna. Ancora meglio se preparate il ripieno dei dolci o una purea dolce di castagne e congelate solo questo per preparare dei dolci anche a Natale.
Io però non resisto, e le castagne fresche raccolte le mangio immediatamente. Vediamo come cuocere le castagne.
Come cuocere le castagne IGP di Montella
“A balano, arrostuta
a lessa o ‘nfornata”
così recita di cuocere le castagne l’inno “castagna monteddrese” dell’Associazione Culturale “Giuseppe Delli Gatti” che avete già scoperto nel precedente articolo.
Sono sostanzialmente due i metodi per cuocere le castagne: arrostire e bollire.
Le caldarroste sono le più famose. Le castagne sono arrostite su una piastra, sulla classica padella forata al fuoco vivo del camino. In tempi moderni c’è chi opta per il grill del forno elettrico. Io non vi giudico…
All’alba della coltivazione della palummina, le castagne venivano cotte nel castagneto. Arrostite sotto la brace e la cenere create ardendo rametti e residui della pulizia del sottobosco (come vi ho raccontato nell’articolo precedente).
Queste sono le varòle (o barole). Il metodo migliore per cuocere le castagne in questo modo, secondo me, è arrostirle sulla cucina economica e poi tenerle al caldo nel forno della stufa stessa per una decina di minuti.
TIPS: A casa potete provare a tenere le castagne appena arrostite in un telo di spugna o in una busta di carta del pane. Potete anche provare ad arrostirle in padella e irrorarle con un po’ di vino rosso.
Dalle caldarroste sbucciate potete avere le flambé, spadellandole con zucchero e liquore alle erbe, e ovviamente, flambando.
I vàlani (o balani) (vallini o bollotte) sono le castagne fatte bollire in acqua. E niente, la ricetta é finita… Non serve sale nell’acqua e non servono tempi di cottura, già dopo mezz’ora iniziate ad assaggiarle per capire il livello di cottura. Sono queste le mie preferite, e se volete mangiarle come tradizione impone dovete intaccare il vàlano con i denti e spremere in bocca la polpa del frutto.
Le lesse sono sempre castagne bollite, ma senza la buccia esterna. A me non piacciono, sinceramente, ma costituiscono la base delle ricette di dolci a base di castagne.
Un altro metodo per cuocere le castagne in realtà esiste. E’ il processo per ottenere le così dette castagne del prete, che per noi montellesi sono le “’nfornate”. Non credo ci siano ancora famiglie che le facciano in casa, ma spero vivamente di sì. E’ possibile trovare ottimi prodotti delle aziende di Montella nei supermercati.
Le “nfornate”: la castagna del prete
Immaginate questa casa, in una giornata d’autunno del passato dove sopra la cucina stanno essiccando le castagne, l’odore di fumo, le pareti scure, il fuoco acceso, la mamma che ha appena panificato e il forno è ancora caldo. Sarebbe uno spreco non sfruttare questo calore. E allora le castagne già essiccate venivano “scese” dal “gratale” e messe in questo forno (spento) fino a quando la polpa non diventava color ambra. Le castagne cotte così al forno, andavano in un sacco (quasi sicuramente lo stesso che le aveva trasportate sopra un mulo fino a casa) e il sacco calato in acqua calda per due o tre volte e poi lasciato appeso ad asciugare. Le castagne ora reidratate con il favore del tempo, venivano consumate man mano.
Oggi il processo è affidato a dei forni elettrici ed altre tecnologie, ma il risultato è pressoché lo stesso. La castagna del prete può essere conservata a lungo e consumata immediatamente. Basta sbucciarla e mangiarla per gustare il sapore della palummina, la sua dolcezza, in una consistenza morbida e delicata.
La collana di castagne
Alcune delle castagne essiccate e “battute” spesso risultano anche morbide. Per consistenza e colore i montellesi iniziarono a chiamarle “fico”, come il frutto. Queste venivano infilate con un ago e uno spago per formare una collana. Non una “’nzerta” (il serto, la resta, la composizione degli agli), non un “’séddrola” (quella delle salsicce secche e dei salami), ma una vera collana dalla quale mangiare queste castagne che oggi è possibile trovare come “morbidelle”.
I prodotti derivati dalle castagne sono tantissimi. Davvero negli anni l’unico orizzonte è stata la fantasia. Vi invito a cercare i tantissimi prodotti a base di castagne che vengono dalle aziende di Montella. Troverete tante sorprese e semi lavorati per i vostri piatti e i vostri dolci.
Ma l’Irpinia è piena di prodotti locali e piatti tipici. Su Irpinia World ne trovate tanti con altrettante ricette.
Sono Carmine, sono irpino e ne sono orgoglioso. Mi ritengo fortunato ad essere cresciuto a Montella. La mia fortuna è stata la mia famiglia, una famiglia radicata e sicura del proprio retaggio che mi ha trasmesso educazione, valori e rispetto, oltre che a tradizioni e consapevolezza del territorio e delle persone che ne creano la comunità. Negli anni ho potuto viaggiare, scoprire, vedere e visitare il mondo. Toccare le sue culture, ascoltare le lingue e le storie della gente. Ho fatto tesoro di questo, ne ho fatto esperienza e le ho riportate a casa. Sono cresciuto dando il mio contributo in qualunque modo possibile. Nel mio comune mi sono impegnato in ogni modo possibile. Ho partecipato e partecipo a diverse associazioni che vanno dal culturale al recupero del dialetto e del folklore, al teatro vernacolare; il forum dei Giovani; attività, comitati, organizzazioni, progetti, pubblicazioni ed eventi di ogni genere e natura; sono donatore di sangue del Gruppo Fratres all’UDR di Montella; sono guida culturale locale per la ProLoco “Montella Alto-Calore”; sono volontario FAI Giovani della delegazione di Avellino.
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