
Il cibo appartiene all’identità di un popolo, porta con sé un forte valore simbolico e affettivo ed è sempre più necessario valorizzare la conoscenza dell’alimentazione tradizionale come elemento culturale e sociale. Recuperare le tradizioni alimentari della propria famiglia – a maggior ragione in un blog dove sono presenti diversi paesi irpini, dove ognuno di questi presenta una ricetta diversa, o una tradizione diversa, significa recuperare e acquisire coscienza della propria storia e in questo ritrovamento una funzione fondamentale, affettiva e sociale, può assumere la presenza dei nonni o delle famiglie, chiamati a condividere la propria storia e a farne partecipi gli altri.
Infatti, proprio per questo, oggi ho deciso di parlarvi del pizzillo frigentino…
Vi propongo di andare alla scoperta delle peculiarità del nostro amato pizzillo e di quelli di Aiello del Sabato: fateci un salto e poi diteci quale preferite!
Assaggiarli tutti non vi peserà affatto, risultato garantito!
Dopo un’abbondante e saziante pasto a base di pizzilli farciti con il pecorino di carmasciano e…perché no, accompagnata dal buon vino rosso del salcone, non ci resta che dedicarci ad una coinvolgente danza a suon di tammurriata, tarantella o pizzica, a scelta vostra!
Oggi, quindi, spostiamo il focus anche sulla tammorra, uno strumento musicale molto usato in Irpinia e, soprattutto, a Frigento.
Oro fritto
Non molto tempo fa, le nostre nonne, almeno una volta a
settimana, preparavano il pane in casa per tutta la famiglia (sempre molto numerosa).
Il pane veniva impastato la mattina presto, circa alle quattro, così che intorno alle nove l’impasto fosse già lievitato. Da questo soffice impasto, le donne ne prelevavano la quantità necessaria per preparare i pizzilli, poi fritti, in modo che fossero pronti per l’arrivo dei bambini, di ritorno da scuola

Le farciture erano svariate: spesso si riempivano semplicemente con del formaggio, altri erano cosparsi di zucchero, per la gioia dei più piccoli e dei più golosi. Con il restante impasto, invece, venivano formate delle “panelle”. Su un piano da lavoro, venivano sistemati altri pizzilli che servivano a verificare la temperatura del forno, che le donne avevano già sapientemente riscaldato: questi ultimi sono tradizionalmente ricordati come “pizzilli a furno apierto”.
Con il passare del tempo, anche nel nostro piccolo paese, come da ogni altra parte, le abitudini delle famiglie si sono adattate ai tempi che corrono, ma, nonostante ciò, tutti volgevano uno sguardo nostalgico al pizzillo con lo zucchero; da qui l’idea di rievocare quest’antica tradizione con una sagra: “LA FESTA DEL PIZZILLO”.
Ricetta frigentina:

- INGREDIENTI:
- Farina 500 g
- Acqua 200 ml
- Sale q.b
- Lievito 10 g
Procedimento:
Step 1:
Creare una fontana con la farina e aggiungere il lievito e di volta in volta aggiungere l’acqua per creare l’impasto poi aggiungete il sale ed iniziate ad impastare fino ad avere un impasto duro, dopo fatelo lievitare 2 ore.
Step 2:
Passate 2 ore iniziate a creare le forme per il Pizzillo (non troppo spesse) dopodiché iniziate a scaldare l’olio in una pentola, quando l’olio raggiunge il punto di fumo potete iniziare a friggere i Pizzilli facendoli diventare dorati.
Step 3:
Una volta pronti i pizzilli si possono degustare con dell’affettato come del prosciutto o del formaggio o se si vuole anche solo ricoperto dallo zucchero come si faceva volta.
Tammorra: tra lavoro e amore
La tammorra è lo strumento principe della tradizione campana e vanta origini antichissime. Accompagnava il duro lavoro dei campi, ma era anche il mezzo per l’approccio amoroso, la conquista della donna e dell’uomo che solo in queste occasioni godevano di una relativa libertà. Ci s’incontrava sulle aie, nei campi quando, al termine della raccolta stagionale, si festeggiava. Era legato ai culti lunari e ritenuto strumento essenzialmente femminile. Oggi diffusa in tutto il Mediterraneo, la tammorra, detta anche tammurro, accompagna sia il canto che il ballo tradizionale ed è usata da sola o con altri strumenti a percussione.

Le origini della tammurriata si perdono, quindi, nella notte dei
tempi; essa è senza dubbio una delle più sensuali e seducenti forme di ballo ed affonda le sue origini nelle antiche danze greche e, probabilmente, nelle antiche danze delle genti campane. Per nostra fortuna, e nonostante i secoli trascorsi, la tammurriata ha mantenuto i tratti fondamentali delle antiche danze, continuando a rappresentare i riti della sessualità e della fertilità connessi alla terra intesa come madre di ogni cosa e, quindi, fonte della vita.
Lo strumento:
La tammorra è un grosso tamburo a cornice con la membrana di pelle
essiccata (quasi sempre di capra o di pecora) tesa su un telaio circolare di legno. Se la pelle non è tesa bene basta avvicinare la tammora ad una fonte di calore. Il diametro varia dai 30 ai 60 centimetri. L’asse di legno che compone il cerchio (cornice) può arrivare fino a 15 cm. di altezza ed è bucato tutt’intorno da nicchie rettangolari dove vengono collocati i sonagli di latta, detti ciceri o cimbali.
In loro assenza la tammorra è definita muta, caratterizzata da un
seducente suono cupo. Sovente i costruttori usano abbellire lo strumento con l’aggiunta di nastrini colorati e decorato con piccoli motivi floreali dipinti lungo la cornice o con scene di argomento cavalleresco affrescate sulla pelle. La tammorra non va confusa con il tamburello, che è molto più piccolo, con i cembali di ottone e non di latta. Oggi, tamburelli e tammorre sono costruiti da artigiani specializzati, localizzati principalmente in Campania.
Come si suona:
Si impugna il telaio dal basso con una sola mano, tenendolo
perpendicolarmente al corpo, mentre la pelle viene percossa ritmicamente dal palmo e dalle dita dell’altra mano. Il modo di impugnare la tammorra è importante anche da un punto di vista rituale: accade, infatti, che quando lo strumento è impugnato con la mano sinistra e percosso con la destra si dice che viene suonato nella maniera maschile. All’opposto, invece, si dice che viene suonato nella maniera femminile e ciò perché il lato destro è identificato nelle antiche culture con l’idea dell’uomo, mentre il lato sinistro con l’idea della donna.
L’inversione dell’impugnatura dello strumento indica un rovesciamento dei segni del rituale. Molto complessa è la tecnica usata per suonare la tammorra, poiché richiede qualità musicali e ritmiche non comuni accompagnate, inoltre, da una resistenza fisica notevole poiché lo strumento dev’essere spesso suonato per delle ore senza che il musicista possa permettersi di cedere. Critica è, ad esempio, la posizione da tenere per equilibrare il peso e lo strumento in modo da non affaticare eccessivamente il braccio. Non esiste, in proposito, una regola generale in quanto ogni suonatore trova una sua maniera per equilibrarsi costruendo una tecnica alla quale partecipa tutto il fisico.
Ogni anno a Frigento si rinnova l’appuntamento con “PIZZILLI E TAMMORRE“, evento enogastronomico organizzato dalla Pro Loco Frigentina.
Per la realizzazione di questo articolo devo ringraziare due ragazzi del Forum dei Giovani di Frigento, ovvero, Mauro Nudo per la ricetta e la storia dei pizzili e Federica Pelosi per la revisione formale dell’articolo.
To be continued...
Siamo arrivati alla fine di questo articolo, ma non temete! Se continuerete a seguirci ben presto riavrete la fortuna di immergervi nella bellissima Frigento! ALLA PROSSIMA!

Un blogger Frigentino! Salve lettori, mi presento: mi chiamo Federico Cocchiola ma per gli amici Scrocchiola, ho 18 anni, il mio paese è Frigento e amo la mia terra. Ho deciso di far parte di questo blog per permettere a voi lettori di immergervi in uno dei paesi più belli d’Irpinia. Nel mio comune mi sono impegnato in ogni modo possibile; faccio parte di diverse associazioni: sono, infatti, un volontario della Pubblica Assistenza frigentina nonché il “presidente” del Forum dei Giovani. Cari saluti Scrocchiola
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